Giorni fa ho scritto un articolo in cui riferivo le voci insistenti circa una nuova risurrezione del quotidiano “L’Ordine” di Como. A partire dal giorno successivo sono apparse quotidianamente sul quotidiano “La Provincia” le dichiarazioni dei sostenitori dell’iniziativa di far tornare in edicola “L’Ordine”, come dorso settimanale di quattro pagine allegato all’edizione domenicale de “La Provincia”. Il battesimo sarà domenica 17 febbraio. Come già dicevo in quell’articolo, aspettiamo di vedere il giornale. Una cordata di imprenditori ha voluto questa rinascita, e non c’è nulla di negativo nei propositi che li animano. Il mio intervento ha suscitato la reazione scomposta del direttore de Il settimanale della diocesi di Como, mons. Angelo Riva. Credo di essere io uno dei «samaritani di dubbia sincerità» che si affollano «al capezzale del presunto moribondo». Mi spiace che si continui ad usare la tecnica del paludamento dietro giri di parole e non si interloquisca con nome e cognome: è un modo di fare purtroppo comune negli ambienti ecclesiastici (e non solo). Vabbè. Mons. Riva se l’è presa perché si sarebbe fatta confusione tra Diocesi di Como (ed il suo settimanale, che è edito e amministrato non direttamente dalla diocesi, ma da una società Cooperativa i cui soci sono alcune parrocchie e alcune persone fisiche) e quotidiano “La Provincia” (il cui azionista di maggioranza è la Sesaab, società della diocesi di Bergamo che edita anche L’Eco di Bergamo ed il settimanale Il Cittadino di Monza e Brianza). Non è il caso di invocare alcuna «fecondazione eterologa» e nemmeno si tratta di disquisire circa legittime eredità o primogeniture. La domanda che è rimasta, purtroppo, aperta – e a cui forse era meglio rispondere direttamente, invece di perdersi nella consueta retorica «in salsa cattolica» – è una soltanto: se la diocesi di Como non ha nulla a che fare con il quotidiano “La Provincia”, che cosa mai ci faceva – fino ad un mese dopo il suo arresto – l’economo della diocesi di Como, mons. Marco Mangiacasale, nel consiglio di amministrazione del quotidiano comasco? Sia chiaro, nessuno è obbligato a rispondere, soprattutto se giudica impertinente la domanda… Ma, almeno, non si faccia finta di niente, accusando i presunti samaritani di quella «dubbia sincerità» in cui, invece, sembra intinta la penna de «L’innocuo». Don Peppino Brusadelli, storico direttore de «L’Ordine», si firmava «L’ingenuo» e sarà pure stata una «personalità grifagna», come scrive mons. Riva (che non l’ha conosciuto), ma com’era bello sapere sempre come la pensava in quel suo scrivere pane al pane e vino al vino. Mentre qui – mi riferisco all’articolo di mons. Riva – c’è la sensazione che il piede stia dentro le proverbiali due scarpe…
….. questa notte ho fatto un sogno…….ho sognato di vivere in un mondo dove ogni persona stava al suo posto…. i medici curavano, i politici amministravano, gli industriali costruivano, i sacerdoti amministravano i sacramenti, e giornalisti informavano……….
Hai fatto un sogno! Come accade per i sogni, qualche legame con la realtà ce l’hanno. Di fatto, ci sono industriali che risuscitano giornali e preti che fanno i giornalisti (uno sono proprio io!). L’importante è cercare di farlo bene. Altrimenti è meglio essere quello che si è e non mettersi a fare quello che non si è capaci di fare…
Certo, cercare di farlo bene, ma sopratutto con umiltà, senza pensare di possedere la verità assoluta.
Nel giornalismo non esistono verità assolute: bisogna avere il coraggio di raccontare i fatti e poi, semmai, l’umiltà di aggiungere la propria opinione…