Benedetto XVI ha compiuto un passo inaspettato, la cui notizia sta facendo il giro del mondo: «Dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice». Qualcuno ha parlato di dimissioni del Papa, ipotesi prevista dal diritto ma mai attuata in tempi recenti della storia del Papato. Benedetto XVI ne aveva parlato nella lunga intervista pubblicata nel volume di Peter Seewald Luce del mondo (2010). Nel vorticoso scandalo dei preti pedofili, il giornalista tedesco domandava al Papa se non avesse mai pensato di dimettersi. Benedetto XVI rispose: «Quando il pericolo è grande non si può scappare. Ecco perché questo sicuramente non è il momento di dimettersi. E’ proprio in momenti come questo che bisogna resistere e superare la situazione difficile. Questo è il mio pensiero. Ci si può dimettere in un momento di serenità, o quando semplicemente non ce la si fa più. Ma non si può scappare proprio nel momento del pericolo e dire: “Se ne occupi un altro”». Al che Seewald aveva domandato se il Papa ritenesse immaginabile una situazione nella quale sarebbe opportuno dimettersi. «Sì. – rispose Benedetto XVI – Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto ed in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi».
Queste parole assumono ora il valore di una spiegazione ante litteram del gesto compiuto oggi. Possiamo essere certi, cioè, che Benedetto XVI ha compiuto questa scelta in un momento di serenità e non per fuggire dai problemi della Chiesa. E possiamo essere certi che lo ha fatto perché ritiene di non essere più in grado di svolgere l’incarico affidatogli. E’ un suo diritto, e lo ritiene anche un suo dovere. Nel grande dispiacere che una simile scelta provoca in noi, c’è però l’ancor più grande rispetto per l’ennesima prova di fermezza che questo Papa ci ha regalato, sempre, in ogni occasione, nei quasi otto anni del suo pontificato. Del resto, proprio all’inizio del suo ministero, ci aveva chiesto di pregare «perché io non fugga per paura, davanti ai lupi». Quattro anni dopo aveva confessato: «Non mi sento mai solo, mi consola e mi sostiene una solidarietà spirituale». Evidentemente i lupi si sono fatti vivi più volte, ma Benedetto XVI non è mai fuggito e non si è mai sentito solo. E nemmeno oggi lo ha fatto, perché – come egli ha detto nel suo annuncio – «dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino». Ciò che lo ha fatto decidere per la rinuncia non sono i problemi della Chiesa, ma la sua coscienza esaminata davanti a Dio (l’espressione è profondamente ispirata a quel sant’Agostino, di cui papa Ratzinger è un grande conoscitore): in quel testimonium conscientiae egli ha trovato la certezza di non avere più le forze per fare il Papa.
Difficile non sottolineare la differenza con il suo predecessore Giovanni Paolo II, il quale perseverò sino alla fine, ostinandosi ad apparire alla finestra senza più avere la forza di pronunciare una parola, e accettando di spegnersi in un letto di malattia, quasi a voler condividere la sofferenza finale di ogni uomo. Temperamento e preoccupazioni diverse da quelli del Papa tedesco, che ha preferito compiere in piena lucidità una decisione che elude il rischio che un ministero così importante come quello petrino sia di fatto gestito, non da chi il legittimo Conclave ha scelto, ma da un entourage curiale assai meno affidabile. Ha prevalso in papa Ratzinger la dirittura morale con la quale egli ha sempre guardato il compito che gli era stato affidato, quale «umile servitore nella vigna del Signore». Umile, certo, ma capace di servire, senza lasciare incustodita la vigna a motivo della propria inabilità a curarla. Benedetto XVI ha rinunciato perché – come ha detto stamattina – «nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». Il vigore, che il Papa non ritrova più nel suo corpo e nel suo animo, vibra in queste parole che trasudano di profonda e consapevole umiltà.
I giorni che ci stanno davanti aprono una prospettiva nuova e mai percorsa dalla Chiesa degli ultimi secoli. Ci sono poco più di due settimane per un fine pontificato annunciato (fra l’altro, proprio nei prossimi giorni, il Papa dovrebbe incontrare i Vescovi lombardi per la prevista visita ad limina). Si aprirà poi un conclave, in cui la scelta del successore di Benedetto XVI non potrà non tenere conto che egli vive tra le mura vaticane come un Papa emerito di grandissimo spessore teologico. Sono sfide nuove per la Chiesa. Ci deve rassicurare, nell’affrontarle, la serenità con cui papa Benedetto ha compiuto oggi la sua scelta più importante, proprio in quell’Anno della fede che ha voluto per tutta la Chiesa.
Complimenti, don Agostino, per la consueta lucidità di analisi e pacatezza pur in momento del tutto particolare e unico della vita della Chiesa.
Addolorata e sgomenta per la decisione di abbandonare il pontificato di papa Benedetto XVI , ma rispettosa della sua dura e consapevole scelta in un momento così particolarmente difficile.
Bella analisi don Agostino che condivido.
Sono comunque già sconvolto da certa stampa. Oggi una giornalista, di cui mi è sfuggito nome e testata, ha chiesto a Padre Lombardi se alla morte di papa Benedetto gli verrà officiato il funerale da Papa oppure no, , visto che si è dimesso!!!!!!!!!!!!!! No comment!
E sono pronto questa sera a sentire volgarità che chiamano “satira” dal duo Litizzetto_Fabio.
Grazie,don Agostino,per aver spiegato con grande semplicita’,ma con altrettanta grande competenza la scelta di Sua Santita’.
Percepisco nel gesto del Santo Padre una grande umanità, non certo una debolezza. Qualche incauto commentatore ha dichiarato che ” non si scende dalla Croce”. Forse il Papa, durante il suo Calvario, non ha trovato chi avrebbe dovuto asciugarGli il sudore e nemmeno chi avrebbe dovuto aiutarLo, come il Cireneo, a portare la Croce.
Ti voglio bene, caro Papa, e invito tutti a pregare.