Le urne hanno perso per strada altri sei cittadini ogni cento elettori. L’affluenza a questa tornata di voto amministrativo ha segnato un arretramento dal 73 al 67 per cento. C’è da preoccuparsi? Credo di no. I cittadini stanno dimostrando ancora una grande maturità, anche se la percentuale di chi si reca ai seggi viene ogni volta rosicchiata. Ci si avvicinerà presto alla soglia del 50 per cento, considerato un dato fisiologico delle democrazie “mature”? Io credo che ci si debba preoccupare piuttosto del fatto che i partiti politici non se ne curano affatto. Sì, davanti alle telecamere i leader politici di tutti gli schieramenti ostentano allarmismo per la disaffezione dei cittadini al voto, dimenticandosi però di aggiungere che essi stessi sono la causa prima di questa progressiva distanza… In realtà, però, sanno bene che il meccanismo democratico punisce gli assenti e ripartisce i seggi sulla base dei voti espressi dai votanti. Ne hanno persi sei su cento, i quali hanno rinunciato ad un loro diritto, nauseati forse anche dagli ultimi scandali e dalla protervia con cui i partiti – in un periodo in cui a tutti si domandano sacrifici – difendono il loro finanziamento pubblico da ogni decurtazione. Sotto sotto pensano che, se anche saranno solo cinquanta su cento gli elettori, sarà anche più facile raggiungere il loro risultato di un posto in una stanza dei bottoni. A Como sono in settecento a correre per riempire le sedie del consiglio comunale. Sembra quasi la ressa di un concorso pubblico per un posto di lavoro. Mentre aumentano liste e candidati, ecco che diminuiscono gli elettori… La democrazia – il potere del popolo – è sempre più nelle mani di un numero ristretto di cittadini, e chissà che questo non faccia piacere ai partiti, invece di preoccuparli…