TUTTI I SANTI

I Santi che celebriamo oggi sono proprio tutti, quelli che sono stati innalzati agli onori dell’altare e quelli che la santità l’hanno vissuta nel nascondimento. La santità non è una condizione che si raggiunge, ma è una tribolazione che si vive giorno per giorno.
Ho usato l’espressione che l’autore dell’Apocalisse ha coniato per cercare di descrivere la visione del paradiso. Egli parla di «una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» e dice che è composta da «quelli che vengono dalla grande tribolazione». Non pensiamo a qualche evento tragico. La «grande tribolazione» è semplicemente la vita e la santità in effetti è un cammino di vita, in cui l’eroismo è nascosto nel quotidiano. La «grande tribolazione» è la rinuncia che ogni compito necessariamente comporta, è la fedeltà contenuta in ogni sacrificio, la stanchezza della sera che si sveglia con te il mattino e ti getta addosso il peso di una giornata che non riserva nulla di nuovo. È una tribolazione grande anche se fatta di cose piccole. Anzi, è grande proprio perché nascosta tra le pieghe di una vita comune. È sbagliato, pertanto, pensare ai santi come ad una élite di privilegiati, da cui noi saremmo esclusi.
Può essere fuorviante l’immagine di questa moltitudine vestita di bianco, che per noi sta ad indicare una sorta di perfezione irraggiungibile. Perciò l’Apocalisse spiega l’origine di quel candore, dicendo che i santi «hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Immagine paradossale – quale veste diventa candida a contatto con il sangue? – che sta ad indicare che la perfezione del santo è la risultante di una vita normale con i suoi alti e bassi affidata però alla grazia di Cristo. Alla sera di ogni giorno della vita, il nostro vestito non è più pulito come al mattino. Possiamo ostinarci a togliere da noi le macchie o magari indossarlo così com’è anche il giorno dopo. Oppure possiamo affidarlo alla lavatrice dell’Agnello che lo lava con il sapone della misericordia. Il cammino della santità sta tutto nella tenacia di questo fidarsi della grazia del Signore.
Scrive, con una visione davvero rivoluzionaria, Don Agostino: “Il cammino della santità sta tutto nella tenacia di questo fidarsi della grazia del Signore.” Usa per questo il termine, preso dall’Apocalisse di «grande tribolazione». Noi pensiamo che i Santi siano passati attraverso qualcosa di “grande”, ma la tribolazione è grande anche se fatta di cose piccole, di cose nascoste nei momenti quotidiani, nei minuti della vita comune. Tutti noi possiamo essere “santi” purché affidiamo i nostri giorni feriali alla grazia di Gesù Cristo. Ecco che allora “Ognissanti” non è solo la festa dei Santi descritti dall’agiografia, ma la festa di noi tutti, che nelle gioie e nei dolori ci affidiamo a Lui, come le pecore al Pastore…
Vivere è una gran fatica. Ma oggi è la nostra festa; festa dei santi che non hanno posto nel calendario. Che arrancano nei giorni, su brevi tratti di vita, dalla mattina alla sera, per poi ricominciare ostinatamente ( la famiglia, il lavoro, le attese deluse, la malattia…) il giorno seguente, fiduciosi che ogni accadimento abbia un suo senso, anche se apparentemente incomprensibile. La santità è l’ accettazione di un orizzonte di misericordia in cui ci muoviamo da innamorati amati, dunque misteriosamente gioiosi. Penso proprio che la gioia sia la misura della santità; non una perfezione puntigliosamente raggiunta a forza di volontà, ma l’ accoglienza umile di una corona di grazia.