VENTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C
Siamo di fronte a una di quelle pagine evangeliche che mandano in tilt il nostro buon senso: questo Gesù incendiario che è venuto a gettare fuoco sulla terra è il contrario di quel Gesù pompiere che getta acqua sul fuoco, che evidentemente abbiamo costruito noi (perché ci fa comodo).
Noi vorremmo che la fede accomodasse tutti i problemi e appianasse tutte le contraddizioni del mondo e della nostra vita. Altrimenti a che serve la religione, se è fonte di divisione invece che di unità? Noi vorremmo un cristianesimo che dà risposte sicure e certificate, invece ci troviamo a fare i conti con un mucchio di domande e magari anche qualche dubbio… Ecco, quando uno manifesta i suoi dubbi, gli diciamo che non ha fede. Invece è proprio lui che ha fede, mentre noi le domande le abbiamo spente da tempo in una pace, che è proprio quella pace che Gesù non è venuto a portare.
Ma qual è dunque questo fuoco che Gesù è venuto a gettare sulla terra? Gesù parla anche di un battesimo in cui deve essere battezzato. Certo, il fuoco è la sua passione, il dono della sua vita sulla croce. Il fuoco è la logica con cui Gesù ha vissuto. Ma vi è nelle parole di Gesù un preciso riferimento ai rapporti familiari: la logica di Gesù rischia di separare e dividere dentro la famiglia. E Gesù stesso ha provato lui per primo ciò che dice nella sua famiglia. È l’episodio dei parenti di Gesù che vanno a cercarlo a Cafarnao: madre, fratelli e sorelle credono di avere una via preferenziale, ma Gesù dice che ormai possono incontrarlo solo come discepoli e, in quanto tale, devono anch’essi seguirlo.
Il fuoco a noi fa pensare immediatamente alla distruzione. Invece è il fuoco che arde, illumina e riscalda, e lo fa non eccezionalmente ma nel quotidiano. Un fuoco che arde: dovremmo come cristiani saper dire parole che accendono l’entusiasmo e che regalano un orizzonte. Un fuoco che illumina: dovremmo saper dare testimonianza che non solo gratificano ma tracciano un cammino. Un fuoco che riscalda: dovremmo saper consolare e confortare dando prova di umanità e non di giudizio.
Fuoco: dice tutto. Riscalda, illumina, cauterizza. E pare proprio che il battesimo di Gesù ( e il nostro?) sia più immersione nel fuoco che non nell’ acqua. Divide le famiglie, ma nello stesso tempo ne costruisce altre sorte dalla familiarità con Gesù. Fratelli di sangue ma del sangue di Gesù. È vero Lui pare più incendiario che pompiere, ma la pace c’è: è un dono non una nostra conquista, è l’accettazione senza condizioni di una logica illogica rappresentata dalla vita stessa di Gesù
Scrive Don Agostino a proposito della logica incendiaria in cui ha vissuto Gesù: “Un fuoco che illumina: dovremmo saper dare testimonianze che non solo gratificano ma tracciano un cammino. Un fuoco che riscalda: dovremmo saper consolare e confortare dando prova di umanità e non di giudizio”. Il vero problema è che noi, che crediamo di essere cristiani, giudichiamo, giudichiamo e giudichiamo sempre…Ma che supponenza! Abbiamo ricevuto un dono “grande” e dobbiamo essere “piccoli”. In questo mondo sempre più disumano è del tutto inutile giudicare come fanno i media, l’web, le campagne elettorali e a volte anche la chiesa. Dobbiamo solo dare prova di umanità e non è cosa facile…