SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C

Siamo come catapultati su un’altra scena: eravamo in un quadro di penitenza e di sacrificio al fiume Giordano, ora siamo in un contesto di godimento e di festa al matrimonio di Cana di Galilea. Ma… «non hanno vino».
Manca l’ingrediente della festa – il vino – e la prima ad accorgersene è una donna, Maria, la madre di Gesù. Intuito femminile – si dirà – capacità di scovare l’essenziale. Maria rappresenta il versante umano di quel bisogno di salvezza, che deve essere come presentato a Gesù. Quando si lamenta una «mancanza di umanità» – anche dentro la Chiesa – in realtà si vuole intendere che non c’è più nessuno che osa segnalare che non c’è più vino – oppure qualcuno c’è ma viene drammaticamente silenziata la sua voce!
In verità Gesù sembra anche lui far parte di questo folto drappello di pompieri zelanti. Sembra zittire sua madre. Ma non è così, perché egli sta sul versante – umano e divino insieme – di una nuova risposta al bisogno della salvezza. Non va a prendere altro vino, ma parte da anfore di pietra drammaticamente vuote e ordina che siano riempite d’acqua. Il segno è fin troppo chiaro. Per la salvezza – e l’ora del suo compimento non è ancora giunta, si è solo all’«inizio dei segni» – è necessario partire dalla siccità clamorosa che c’è nelle anfore del cuore umano. Come a dire che, pur con le nostre miserie, siamo noi i recipienti necessari a che si compia la nostra salvezza. Diceva sant’Agostino: «Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te».
E il cuore va riempito con l’acqua dei nostri desideri, con la povertà dei nostri sforzi generosi, con l’apparente insignificanza dei nostri progetti di salvezza. Sembra un imbroglio quello che si prepara dietro le quinte a Cana di Galilea: non c’è più vino e sulla scena c’è tanta acqua, e magari qualcuno pronto a colorarla con una magica polverina! Non è così. C’è chi quel vino l’ha assaggiato e ha fatto i complimenti allo sposo. È vino ottimo, proviene da una vendemmia tutta particolare. C’è qualcuno che ha dato la sua vita per mescerlo al banchetto, proprio quando i nostri vini erano finiti…
È vero: l’unica cosa che Dio non potrà fare, è salvare qualcuno che non vuole essere salvato. Il vino di Cana è anticipo del sangue versato sulla Croce ( quella è l’ ora che attende Gesù), è la Croce non sono i chiodi e le braccia slogate, ma il dolore immenso di sapere che per tanti il sacrificio sarà inutile. La sofferenza di Gesù è l’amore rifiutato, la salvezza non desiderata, la sua compagnia snobbata. Penso che chi ama Gesù dovrebbe desiderare di abitare quel dolore.
Maria si accorge che manca vino, perché come tutte le donne del mondo semita (quello antico, ma anche quello.odierno ortodosso) stavano separate, stavano peobabilmente – in ambiente rurale – vicino alla cucina, così poteva ascoltare le lamentele dei servi. Maria qui affretta l’opera di Gesù. È la funzione che noi le attribuiamo: ci rivolgiamo a Lei per abbreviare la strada.
Scrive Don Agostino: “Per la salvezza…è necessario partire dalla siccità clamorosa che c’è nelle anfore del cuore umano. Come a dire che, pur con le nostre miserie, siamo noi i recipienti necessari a che si compia la nostra salvezza.” Il matrimonio di Cana in Galilea non è un fatto di spensierata allegria, ma è il segnale che non c’è più vino; questo è segnalato da una donna, Maria, che ha la capacità umana di scovare l’essenziale. E allora? Gesù ci vuole insegnare che quando finisce il nostro vino, e in questo tempo di pandemia a volte ci pare proprio che venga a mancare, non dobbiamo disperare, ma riempire il nostro cuore con l’acqua dei nostri desideri, con l’acqua del bisogno di salvezza, con l’acqua della speranza…
“Penso che chi ama Gesù dovrebbe desiderare di abitare quel dolore.” scrive Anna Girola. E’ un’intuizione straordinaria; infatti la sofferenza di Gesù è l’amore rifiutato da noi, che spesso tendiamo a snobbare la sua compagnia. I due discepoli del Battista (come scrive don Agostino nel bellissimo libro-Che cosa cercate?-) iniziano a seguire Gesù rispondendo appunto alla domanda “Che cosa cercate?” con un’altra domanda “Dove dimori?” Hanno capito, come ha capito Anna Girola, che Gesù si cerca innanzitutto per abitare con lui, per abitare quel dolore…