PRIMA DOMENICA DI AVVENTO – Anno C

Si può morire di paura e di attesa, dice Gesù ai suoi discepoli. È un discorso dai toni apocalittici, che parla di segni celesti. Ma è pure un discorso che prende una piega inaspettata, che ci fa intendere che Gesù non ha affatto l’intento di impaurire, anzi vuole rassicurare ed esortare ad una attesa senza angoscia.
Ci aspetteremmo, infatti, dopo l’annuncio dello sconvolgimento, ben altro invito: «Quando cominceranno ad accadere queste cose… fuggite, nascondetevi, cercate di salvarvi». No, invece: «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Come a dire: c’è qualcuno che governa anche il sole, la luna e le stelle, c’è qualcuno che sta al principio di tutto e davanti al quale ogni uomo deve comparire. Per cui l’importante non sono i segnali, ma è il Segno stesso, verso cui avvicinarsi in un contesto di fiducia e di preghiera. Risollevarsi e alzare il capo sono gesti che compie solo colui che va incontro ad un futuro e si sente finalmente liberato dal peso che l’opprimeva e lo teneva con il capo chino, rivolto in basso. È difficile per noi cogliere questa liberazione, anche se in fondo la desideriamo, perché le dissipazioni, le ubriachezze e gli affanni della vita non riescono certo a far volare in alto i nostri cuori, anzi li tengono ancorati in basso in un contesto di profonda insicurezza, che è la cifra tipica del nostro mondo. Noi ci ostiniamo a cercare caparbiamente di difendere la nostra libertà, e quindi fatichiamo ad accogliere l’annuncio di una liberazione. Sembrano due sinonimi – libertà e liberazione – invece denotano due direzioni diverse della vita. La libertà è intrisa di prometeica autonomia e suona come un diritto acquisito dall’umanità, che dovrebbe essere capace di garantirle un inarrestabile progresso. Ma questa è solo una chimera, e lo sappiamo bene perché abbiamo davanti agli occhi le tragedie prodotte da questa libertà. Abbiamo bisogno di una liberazione che ci spalanchi un orizzonte a misura di uomo. E se la libertà fosse un dono della liberazione? Ebbene, «è vicina», bisogna attenderla, e ogni anno l’Avvento arriva proprio per questo.
L’attuale epidemia, che pare non diminuire nel mondo e con la quale dovremo imparare a convivere non fa volare in alto i nostri cuori, ma li tiene in una profonda insicurezza con un crescente desiderio di libertà. Ma don Agostino scrive;” E se la libertà fosse un dono della liberazione?” L’Avvento inizia proprio oggi; è un tempo di attesa del dono della liberazione che è vicina! Gesù ci esorta ad attendere il dono di Dio senza angoscia e con il capo alzato, Il 2021 non è stato un anno facile, ma in questo tempo di Avvento possiamo avere fiducia e pregare…
Avvento: il periodo dell’anno che preferisco, attesa di un dono, che per me – svezzata da ogni aspirazione mondana dai Natali puritani di casa mia – è davvero la salvezza, nel senso più ampio e più profondo; cioè possibilità di vita nuova, di sguardi nuovi, di desideri veri. Avvento: tempo che si è dilatato col crescere dell’età ed è certezza di promesse realizzate. Un “già” che lievita silenziosamente e che mi rassicura sul poi. Il bello dell’essere anziani, sapere che ci possiamo fidare. Avvento è attesa di un amico che non è mai lontano: se pare non ci sia, forse vuol dire che siamo un po’ distratti.
Grazie Anna di quanto scrivi : “Avvento: tempo che si è dilatato col crescere dell’età ed è certezza di promesse realizzate. Un “già” che lievita silenziosamente e che mi rassicura sul poi. Il bello dell’essere anziani, sapere che ci possiamo fidare.” Essendo un ottantenne, un “over”, le tue sagaci osservazioni mi rassicurano e mi rendono bello l’essere anziano….
Don Agostino lei scrive: “Sembrano due sinonimi – libertà e liberazione – invece denotano due direzioni diverse della vita.” Ma allora in quale errore è caduta nell’America latina la teologia della liberazione? Forse l’errore sta nel fatto che, nel doveroso percorso di liberazione, tale teologia ha ammesso la “libertà di violenza”, anche se motivata da una gravissima disparità sociale?
Nel commento al vangelo liberazione e libertà sono intese rispettivamente come dono e conquista della salvezza e in questo senso sono contrapposte. Nel messaggio cristiano l’uomo è libero solo perché liberato dalla vita del Cristo, che lo raggiunge come una grazia, un dono. La questione della teologia della liberazione è più complessa e articolata. Assodato che non c’è vera teologia se non incarnata nella condizione storica di un popolo, la liberazione portata dall’annuncio del Vangelo non è né una consolazione ultraterrena né una rivoluzione terrena. Il marxismo ha preteso liberare i popoli ma laddove è stato storicamente vincente li ha privati delle libertà fondamentali. Alcune teologie della liberazione hanno aderito ad una prassi marxista e ne hanno condiviso il fallimento. Altre hanno dato buoni frutti e hanno contribuito a mandare in crisi una evangelizzazione poco attenta alla promozione umana.
Parlare di libertà e di liberazione è urgente ora, visto che il grido libertà invade le piazze e i social. Per me la libertà è conquista ma nei confronti di se stessi. Per lo meno come primo passo. È inutile pretendere di ricevere libertà se poi siamo in mille modi dipendenti da cose o pregiudizi. Liberazione è il grande dono fattoci da Gesù che ci mette in condizione di liberarci ( vedi sopra). I consigli evangelici ( ma anche i ” comandamenti”) sono aiuto nel raggiungimento della libertà; sono consigli, indicazioni in positivo anche se espressi con un “non”. Io li ho vissuti così. A suo tempo , la teologia della liberazione non mi ha creato problemi perché io penso che a Dio faccia piacere essere amato da e dialogare con persone vive, libere e consapevoli. Credo gli piaccia guardarci negli occhi. Allora noi dobbiamo stare col capo alzato.