Corriere di Como, 23 marzo 2021
L’archeologo Leonard Wolley ha individuato nel reticolato dell’antica Ur in Mesopotamia un edificio che potrebbe costituire il reperto più antico di quella che noi oggi chiamiamo scuola. Risalirebbe a più di 4.000 anni fa. In quella piccola classe situata a fianco dell’abitazione dell’insegnante Igmil-sin, sono state rinvenute centinaia di tavolette con molti testi storici, religiosi, di moltiplicazione, di matematica e di geometria, elenchi di parole che iniziavano tutte con la stessa sillaba e un frammento di vocabolario: una sorta di biblioteca di classe con i libri di studio. Da allora di strada la scuola ne ha fatta tanta. Ma l’intuizione è rimasta la stessa: un luogo dove i ragazzi possano incontrarsi e imparare. Credo che tutti siano d’accordo nel ritenere la scuola non solo un luogo di apprendimento, ma anche un prezioso luogo di socializzazione. Lo è sicuramente anche per Fiammetta, 10 anni, che frequenta la quarta elementare a Mezzolombardo in Trentino. Nei giorni scorsi ha fatto il giro del web una immagine che la ritrae seduta su una sedia davanti a un tavolino su cui è aperto lo schermo di un computer. Ma non in cucina o in salotto, come è normale in queste settimane per tanti ragazzi costretti alla didattica a distanza dalla chiusura delle aule scolastiche. La postazione Dad di Fiammetta è all’aria aperta, in un prato dell’alpeggio a 1000 metri di altezza in cui pascolano le 350 capre del papà.
Sua madre fa l’operatrice sociosanitaria e non può portarla con sé, e quindi Fiammetta – che non può certo stare a casa da sola – deve seguire il padre Massimiliano, ex-operaio edile che tre anni fa ha scelto di tornare alle sue origini – è nativo della Sardegna – e ha deciso di abbracciare completamente la passione per la terra e gli animali trasmessagli dai nonni. «Al mattino mettiamo il computer su un tavolino in piano e poi ho anche una sedia – racconta Fiammetta – Accendiamo il computer così posso entrare subito in video lezione, preparo i quaderni e ci metto anche un sassolino altrimenti il vento mi gira le pagine. È bello, mi dà ispirazione per scrivere e mi rende più felice e anche interessata».
Il papà sembra guardare a questa situazione, senza troppe lamentele o proteste: «Fiammetta è molto brava a scuola – dice con quel pragmatismo che è tipico della gente di montagna – e l’ambiente montano le insegna l’importanza di adattarsi. I problemi logistici li risolviamo grazie all’hotspot del telefonino. Per fortuna la connessione è buona in val di Sole. Così Fiammetta riesce a studiare con le maestre tramite il monitor del computer e, quando serve, mi aiuta con gli animali. In fondo sono due strumenti di apprendimento molto diversi tra loro ma entrambi molto utili per la crescita di una bambina».
Sbaglieremmo a ridurre tutto ad una immagine bucolica. Papà Massimiliano ha ragione e ci insegna a trovare ciò che vi è di positivo in una situazione di emergenza, anche se sarebbe contento che la figlia potesse frequentare regolarmente la scuola, invece di salire all’alpeggio con lui. Fiammetta – il nome sembra uscito da una fiaba – è felice di fare scuola con la campanella della ricreazione suonata dalle amate caprette, si sente ispirata dal contatto con la natura, anche se non le dispiacerebbe certo stare in classe con le sue amiche.
Fiammetta è fortunata a pensarci: ha un papà che è stato capace di ripensare la sua vita, un PC che funziona, la voglia di studiare, il profumo dei prati intorno. Non avrà carenza di vitamina D e sta imparando che le difficoltà si possono aggirare: cose tutte utilissime per una vita sana e feconda.
Credo che il papà di Fiammetta sia davvero pragmatico e ammirevole nel far seguire, all’aria aperta, la didattica a distanza alla figlia che frequenta la quarta elementare. Le condizioni in cui Fiammetta sta apprendendo non sono però facili, soprattutto durante il cattivo tempo. Ritengo la scuola non solo un luogo di apprendimento, ma un “prezioso” luogo di socializzazione ed auguro a Fiammetta di poter tornare presto a scuola a Mezzolombardo con i suoi compagni.