Corriere di Como, 28 gennaio 2020
Calata la tensione tra Stati Uniti e Iran, sul fronte internazionale sembra che il nemico comune da combattere in una grande coalizione sanitaria mondiale sia un microscopico coronavirus serpeggiante in Cina (con focolaio nella città di Wuhan). I contagiati aumentano, anche se i numeri rimangono ancora piccoli, forse anche grazie al cordone sanitario che le autorità cinesi hanno imposto in un bacino di 56 milioni di persone (quasi la popolazione dell’Italia). Le norme stabilite dal Comitato permanente del Politburo del Partito vengono rispettate dai cittadini. Del resto l’obbedienza civica non è una rarità in Cina, dove la gente si aspetta di essere comandata e rassicurata ed è ben disposta ad eseguire gli ordini che arrivano dall’alto.
È intervenuto ufficialmente anche il presidente Xi Jinping, che ha parlato di «situazione grave». Ammissione che solo qualche anno fa sarebbe stata inimmaginabile, ma che poi va a braccetto con la consueta censura di ogni altra forma privata di diffusione dell’allarme. Solo il Partito può dire che in Cina ci sono problemi, e lo dice con quel tipico linguaggio che mette già in primo piano la prontezza e la lungimiranza della risposta all’emergenza. Ad esempio, la televisione di Stato mostra continuamente le immagini di decine di ruspe che stanno lavorando per la costruzione a Wuhan di un nuovo ospedale da 1000 posti letto, la cui ultimazione viene promessa entro dieci giorni. Anzi, dato l’aggravarsi del contagio, si annuncia la costruzione in tempi da record (due settimane) di un terzo ospedale con 1300 posti letto. Potenza della laboriosità e icona della capacità economica e strutturale della Cina.
Non si sa come giudicare questa velocità nel realizzare un’opera pubblica così particolare quale è un ospedale. Da noi in Occidente si fa fatica a crederci. A Milano, ad esempio, nel novembre scorso è stata posta la prima pietra di quello che sarà il nuovo Policlinico del capoluogo lombardo (900 posti letto), di cui si prevede l’ultimazione strutturale per la fine del 2022 e un altro anno almeno per la sua entrata in servizio. Quindi, se tutto va bene, ci vorranno quattro anni per avere l’ospedale in funzione. Del resto si è lavorato dal 2007 al 2009 nel cantiere del nuovo Sant’Anna di San Fermo della Battaglia, che ha poi iniziato la sua attività operativa il 3 ottobre 2010. Sentir parlare di dieci giorni o due settimane per costruire i due nosocomi di Wuhan pare un esercizio di pura propaganda. Staremo a vedere.
Comunque sia, in Cina si è riusciti a bloccare anche i festeggiamenti per il Capodanno lunare, che è una ricorrenza molto sentita nel Paese più popoloso del mondo. Proviamo ad immaginare che cosa sarebbe successo da noi se le legittime autorità costituite avessero intimato di stare in casa nei giorni delle festività natalizie e nella notte di San Silvestro e avessero cancellato ogni evento pubblico. Probabilmente il provvedimento sarebbe stato largamente disatteso, in un mare di polemiche sul facile allarmismo che veniva a minare le libertà individuali. E in effetti noi occidentali – che siamo allergici alla disciplina, soprattutto se è comandata – ci meravigliamo non poco nel vedere strade e stazioni completamente deserte in una metropoli come Wuhan che conta ben undici milioni di abitanti.