Corriere di Como, 29 ottobre 2019
Con l’uccisione del suo capo, il califfo Abu Bakr al-Baghdadi, forse è stato inferto un colpo mortale anche allo Stato islamico (Isis), ovvero a quella entità non riconosciuta che si era formata nel territorio di Siria e Iraq e che costituiva la fonte di una vasta attività terroristica in tutto il mondo. L’operazione con cui il leader dell’Isis è stato individuato in una località nel Nordovest della Siria è stata raccontata dallo stesso presidente statunitense Donald Trump, che ha potuto seguirla in diretta: nella notte tra il 26 e il 27 ottobre Al-Baghdadi si sarebbe fatto esplodere all’interno di un tunnel dove aveva cercato la fuga, insieme a tre dei suoi figli, uccisi insieme con lui nell’orrenda deflagrazione.
Anche due mogli del califfo indossavano giubbotti esplosivi, che però non sono stati fatti detonare. Nel villaggio dove al-Baghdadi si nascondeva sono stati trovati anche undici bambini, forse anch’essi figli del califfo, e che sono stati prelevati dalle forze Usa. I resti ritrovati nelle macerie del tunnel confermano – attraverso l’esame del DNA – che si tratta effettivamente di al-Baghdadi.
Anche il rais iracheno Saddam Hussein nel dicembre 2003 cercò di sfuggire alla cattura, nascondendosi in un piccolo buco di ragno scavato sotto terra: fu però scoperto, arrestato, processato e giustiziato. Stessa sorte toccò al leader libico Gheddafi nell’ottobre 2011: nel suo tentativo di fuga da Sirte fu scovato in una conduttura, picchiato selvaggiamente e ucciso sul posto con un colpo di pistola. Ma il precedente più famoso è certamente quello che riguardò l’uccisione di Osama bin Laden, nel maggio del 2011, in Pakistan: forze speciali della Marina statunitense individuarono lo sceicco del terrore in una abitazione e lo uccisero nel corso dell’operazione.
Dicevo che, forse, la morte di al-Baghdadi scrive la parola finale sulle nefandezze dello Stato Islamico. C’è da considerare, però, che molti di coloro che vi hanno aderito non sono stati assicurati alla giustizia o sono detenuti in territori segnati da una permanente insicurezza politica e militare. Da questo punto di vista, anche l’Europa non sta facendo tutto quello che dovrebbe fare per prendersi carico dei propri combattenti per lo Stato Islamico catturati in Siria. Inoltre, bisogna tener conto che il sogno di realizzare il Califfato abita la storia del mondo islamico come un fiume carsico che ogni tanto emerge, e trova adepti soprattutto tra coloro che subiscono il fascino dei fondamentalismi. Quindi, potremmo avere a che fare con un successore designato da al-Baghdadi o con un altro focolaio terroristico che prenda il posto dell’Isis.
Dei fatti che hanno portato alla morte del califfo nero, uno in particolare ci dà la misura della crudeltà del personaggio e della disumanità del suo progetto, ed è l’aver coinvolto nella propria morte tre dei suoi figli, facendoli saltare in aria insieme a sé, dopo aver imbottito di tritolo anche le due mogli. Siamo abituati ad una immagine della paternità in cui il padre e la madre sono disposti a dare la propria vita per salvare quella dei figli. Ma da uno che decapitava allegramente i prigionieri e che ha distrutto il patrimonio storico e culturale di Palmira, onestamente non potevamo aspettarci altro.