VENTISETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
I farisei cercano di ingannare Gesù, ponendogli una domanda che lo costringa a prendere una posizione in merito ad una questione che animava il dibattito del tempo. La questione posta a Gesù era molto chiara: «Si può divorziare?». Anche la risposta era abbastanza nota: «Si può, perché Mosè ha concesso all’uomo il permesso di divorziare dalla propria moglie». Ebbene, questa non è affatto la posizione di Gesù, ma semmai quella di Mosè. Gesù va oltre, Gesù va alla radice del problema. Insomma, i farisei cercavano di fargli prendere posizione circa la questione del quando si potesse divorziare, dando per scontato che il divorzio era cosa assodata, mentre Gesù afferma senza mezze misure che non si può divorziare e che, quindi, è inutile perdersi nella casistica del quando si può e del quando non si può. Gesù ci invita a guardare il grande affresco di partenza, dove le cose stanno così come Dio le ha pensate per il bene dell’uomo e della donna. È il racconto della creazione della donna, che abbiamo ascoltato nella prima lettura. Una pagina che contiene tre verità, che costituiscono, tra l’altro, il fondamento del matrimonio cristiano.
Intanto Dio vede che ciò che ha creato è ogni volta «buono», ma diventa «molto buono» non appena nella creazione entra anche l’uomo. Eppure, «non è bene che l’uomo sia solo». Di quale solitudine l’uomo deve assolutamente fare a meno per essere veramente uomo? Non si tratta qui, evidentemente, della necessaria solitudine in cui ogni persona è chiamata a raccogliersi per riflettere, decidere, pregare e ritrovare se stessa: tale solitudine è positiva. Ciò che «non è bene» è la solitudine intesa come spazio in cui si sviluppa l’egoismo, la volontà di potenza individuale, la pretesa di potercela fare da soli e la supponenza di essere misura a se stessi. Un uomo così «non è bene». Dio non l’ha pensato così, non l’ha creato così. Il che equivale a dire che il «molto buono» dell’uomo ha bisogno di essere completato dal «bene» della compagnia umana, dell’amore. La prima verità, allora, è questa: la vita è comunione.
Quando Dio decide di dare all’uomo «un aiuto che gli corrisponda», fa un primo tentativo: plasma dal suolo altre creature e le dà all’uomo perché egli dia loro un nome. Nella mentalità biblica, questo significa che Dio dà all’uomo qualcosa di inferiore a lui (tratto dal suolo) affinché egli lo possieda (dare il nome equivale a possedere). Ebbene, questo tentativo fallisce: «per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse». Non è nella linea del possesso dell’altro che si può edificare una vera compagnia umana all’insegna dell’amore. Un rapporto fondato sul possesso non salvaguardia quella prima verità: la vita non è affatto comunione, se uno possiede l’altro. Ecco, allora, il secondo tentativo di Dio: non prende più dalla terra la nuova creatura, ma la prende dall’uomo stesso e gliela offre come dono. C’è bisogno che all’uomo sia tolto qualcosa di suo e che poi questo qualcosa, plasmato e animato da Dio, gli sia dato. La seconda verità della creazione è questa: si dà vera comunione, cioè amore, solo nel dono. Tra l’altro, ciò che l’uomo considera un «di più» per se stesso, un completamento della sua persona, è in realtà il frutto di un «di meno» che è stato tolto dalla sua carne. L’amore ha proprio questa caratteristica: all’origine c’è sempre un vuoto creato dentro, affinché la solitudine sia colmata. Il dono è il contrario del dominio.
Ma c’è ancora una terza verità, la meno evidente forse ma non certo la meno importante. La creazione della donna avviene per Adamo a mente spenta, nel sonno. L’uomo dorme e non può controllare ciò che sta avvenendo. La realtà sembra sfuggirgli, non può dominarla razionalmente. E così, al risveglio, non è chiamato a conoscere Eva – come era avvenuto con gli altri esseri viventi plasmati dal suolo – ma solo a riconoscerla come un essere che Dio ha plasmato nel mistero. Quindi: il dono nasce dal mistero, cioè resta pienamente umano eppure scaturisce totalmente da Dio. Qui tocchiamo il vertice del matrimonio cristiano. Qui scopriamo il mistero stesso che sta all’origine di ogni vita che nasce.