Scelta pastorale molto discutibile

In merito alla notizia rimbalzata dai social network alle testate nazionali, circa la “carta fedeltà della parrocchia” di Lurate Caccivio (ovvero una tessera per i ragazzi sulla quale vengono apposti dei timbri in base alle frequenze al catechismo e alla messa domenicale), è apparso questo mio commento sul Corriere di Como di oggi, 4 ottobre 2018.

Tessera fedeltà parrocchiale? No, grazie. Messa, catechismo, confessione sono troppo importanti e associarli ad un timbro su una tessera che certifica il grado di cristianità mi pare una scelta pastorale molto discutibile. Lo dico da uno che è stato parroco fino a pochi giorni fa e che ha sempre cercato la via migliore per convincere i genitori che il cammino cristiano dei loro figli verso i sacramenti è una cosa seria, a cui dare almeno la stessa attenzione che essi riservano alle attività scolastiche e culturali e a quelle sportive e ricreative. Capisco che la decisione di affidare ad una tessera con i timbri la certificazione della frequenza sia insieme simpatica e provocatoria. Non è naturalmente da vedere come il fine che quel parroco vuole perseguire, ma come un mezzo – un mezzuccio, si direbbe – per stimolare magari una sana competizione tra bambini e per far riflettere i genitori sull’impegno preso nell’accompagnare i propri figli. Ci si potrebbe chiedere: il fine giustifica i mezzi? Ma la domanda da porsi è un’altra: il mezzo “tessera punti” è veramente al servizio del fine “crescita cristiana”? Direi proprio di no, anzi contribuisce a veicolare una immagine commerciale della fede, una visione aziendale della Chiesa, un meccanismo quasi postale (con i timbri, appunto) della trasmissione di quella che dovrebbe essere una vita e un’esperienza e non solo l’apprendimento di quattro nozioni.

Invece, con la tessera a punti il sacramento della Cresima rischia di ridursi ad essere il premio per un tot di Messe e catechismi e confessioni, e il ragazzo arriva naturalmente a pensare che se lo è pure meritato con una serie di faticose partecipazioni a riti e incontri. Come magari ha meritato la convocazione per la partita domenicale, grazie all’assidua frequentazione degli allenamenti settimanali. Come magari ha meritato un bel voto nel compito in classe, grazie alle ore di studio del pomeriggio precedente. Sia chiaro: che la vita richieda impegno e sacrificio è una sacrosanta verità, da tornare a ricordare alle giovani generazioni. Ma in ordine alla fede cristiana c’è un valore che sovverte tutto: è la gratuità del dono, che stimola certamente l’impegno e non annulla la fatica, anzi in un certo senso la precede e l’aiuta.

La Chiesa sta avvertendo non senza preoccupazione la mancanza di una presa sulla società, che in anni passati poteva certo vantare (semmai è tutto da verificare il grado di autenticità che c’era in quella presa), ma non deve commettere l’errore di arroccarsi e di utilizzare strumenti che troppo assomigliano ad un ricatto piuttosto che essere un amorevole invito ad una nuova consapevolezza. Credo proprio che le tessere con i timbri siano pastoralmente e teologicamente fuori luogo. Altrimenti il Signore Gesù ne avrebbe chiesta una al buon ladrone sulla croce, prima di accoglierlo in paradiso. Invece, per andare in paradiso non serve. E quindi non dovrebbe servire neanche per fare la Cresima.

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