Colpo di testa 78 / Stonehenge, al rito del sole con lo smartphone in mano

Corriere di Como, 26 giugno 2018

Erano quasi diecimila alle 4.52 di giovedì 21 giugno a salutare con urla e applausi il sorgere del sole nel sito neolitico di Stonehenge. Un appuntamento che si ripete ogni anno nel solstizio d’estate, e che richiama nella località del sudovest dell’Inghilterra semplici turisti e fedeli di culti neo-pagani.

Davvero nel terzo millennio si può essere adoratori del sole? Sembra difficile crederlo, in un contesto scientifico come il nostro, in cui il sorgere e il tramontare del sole possono conservare certo un imprescindibile alone di poesia e di bellezza, ma hanno perso il sacro terrore che presso gli antichi aveva trasformato la stella del sistema solare in una potente divinità. Eppure culti solari ne esistono ancora in un rigurgito di paganesimo, e non solo in luoghi del pianeta in cui le popolazioni non sanno nulla di astronomia e astrofisica.

Gli sguardi estatici verso l’alto, in attesa del sorgere del sole, però, si spiegano forse meglio come tributo ad un ritorno alla religione naturale, considerata semplice e universale e soprattutto purificata dalle incrostazioni che proprio gli uomini hanno prodotto nel fenomeno del sacro. Poi, magari questi adepti del culto della natura a Stonehenge sono giunti con l’aeroplano e tengono saldamente stretto nella mano l’ultimo modello di smartphone ipertecnologico. Ma, come liberati dalle convenzioni del mondo, sono lì nel magico cerchio di pietra a fare l’urletto al sole nel giorno più lungo dell’anno, per riscoprirsi discendenti degli uomini del neolitico.

È probabile, dunque, che parecchi dei diecimila estasiati del solstizio inglese non ci credano davvero al divino sole, e anche questo è un deposito della mentalità post-moderna, che in fondo spinge gli esseri umani a non credere più a niente perché li dispone a credere a tutto. Quindi, oltre alla semplice curiosità e alla voglia di esserci che caratterizza l’uomo viaggiatore del terzo millennio, una motivazione per spiegare la ritualità del solstizio può essere trovata nel ricco simbolismo che il sole ha avuto e continua ad avere, prendendosi così una sua piccola rivincita sulla scienza, che lo ha ridotto al rango di una nana gialla sulla mappa infinita dell’universo.

Forse giova ricordare che anche il cristianesimo non ha rinunciato a impadronirsi del simbolismo pagano che il sole aveva nella religiosità dell’antica Roma per trasferirlo alla persona di Gesù Cristo. E non solo a lui, ma anche al suo precursore, Giovanni Battista. È sintomatico, del resto, che le due nascite siano distanti sei mesi l’una dall’altra e coincidano, quella di Giovanni, con il solstizio d’estate e, quella di Gesù, con il solstizio d’inverno. Dal 21 giugno la luce comincia a diminuire, mentre dal 21 dicembre comincia a crescere. Così il Battista dice che egli deve diminuire per lasciare che a crescere sia il Cristo. Il Figlio di Dio prende il posto che presso i pagani aveva il sol invictus. Allunga la luce sul mondo, come sole che sorge.

A Stonehenge una sparuta comunità cosmopolita cerca di riprendersi il sole, ma è solo folclore che dura dall’alba al tramonto.

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