NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA
La ricorrenza della solennità di oggi – la nascita di Giovanni Battista – è una vera e propria festa della vita nascente. È l’unico santo, insieme a Maria, di cui si celebra la nascita, proprio per la sua particolare affinità di destino con Gesù. Ed è provvidenziale che questa festa ogni tanto capiti di domenica, così da poterla celebrare con tutta la comunità riunita.
Le letture ci fanno riflettere proprio sulla grandezza e unicità di ogni essere che si affaccia alla vita. Guardando a Giovanni Battista comprendiamo meglio il progetto che Dio ha con ciascuno di noi. La domanda centrale del vangelo infatti è la stessa che si fanno i genitori, che forse ci facciamo noi, ogni volta che ci troviamo di fronte a un bimbo che nasce: «Che sarà mai questo bambino?».
La prima risposta a questa domanda ce la regala il profeta Isaia: «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome». O il profeta Geremia che riporta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto». Cioè: non siamo su questa terra per caso. Fin dal principio siamo stati voluti; c’è qualcuno che ci conosce fino in fondo, che conosce non soltanto le nostre vie, le nostre opere, le nostre singole azioni, ma addirittura i nostri pensieri nel loro formarsi: nulla resta nascosto davanti a Lui. È alla luce di questo sguardo amorevole di Dio su di noi – non uno scrutare indagatore o tanto meno accusatore – che riconosciamo la nostra bellezza: il nostro cuore si apre allo stupore e alla lode riconoscente: «Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda».
Questo modo di intendere la vita che nasce è profondamente in contrasto con la mentalità programmatrice che caratterizza tragicamente il nostro tempo: il figlio viene inteso sempre più frequentemente come un possesso personale, come un diritto, e viene preteso anche ricorrendo a manipolazione genetiche. Giovanni, invece, è presentato come il frutto della misericordia di Dio: nasce da genitori anziani, da Elisabetta che soffriva di sterilità, e da Zaccaria, sacerdote incredulo. Ogni figlio è sempre e soltanto un dono.
Una volta accettata la vita di Dio, ecco la seconda dimensione che la vicenda di Giovanni Battista pone in evidenza: è l’obbedienza alla volontà di Dio. Zaccaria, il padre, dubita. E diventa muto. Poi, al momento della nascita, accetta, in mezzo allo stupore di tutti, di chiamare il figlio con il nome indicato da Dio: Giovanni, e non Zaccaria come tutti si aspettavano. E torna a parlare. La vita è un mistero di accoglienza e obbedienza alla volontà di Dio. Ogni vita voluta da Dio, proprio perché da Lui pensata da sempre, ha una missione da compiere. Il caso di Giovanni Battista è emblematico: egli ha una grande missione da compiere, preparare il popolo ad accogliere il Messia atteso: «Tu bambino sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai innanzi al Signore per preparargli le strade». Tutta la sua vita, la sua persona e la sua missione, si compie nell’essere voce che è pronta a farsi da parte appena entra nel mondo la Parola, il Verbo del Padre: «Giovanni aveva preparato la sua venuta… diceva: io non sono quello che voi pensate!». Ma se emblematica e unica è la missione del Battista, ogni figlio del Regno è chiamato a dare voce alla Parola: tutti i battezzati sono in questo senso “precursori” per gli uomini, sono dito puntato su Gesù Cristo; il cristiano è un continuo segnale che rimanda oltre se stesso: «non sono io importante, è lui che dovete seguire». Il Signore infatti continua a venire e ha bisogno di chi come il Battista, o come il discepolo amato, lo indichi al mondo. Accettiamo noi la nostra missione di battezzati di essere segnali del Cristo, oppure segnaliamo noi stessi? Che non ci accada di essere segnali sbiaditi con la freccia nella direzione sbagliata.