Colpo di testa 63 / Sicurezza, integriamo anche chi ha paura

Corriere di Como, 13 marzo 2018

Domandina astrusa, tanto per prendere alla larga il problema. Il bisogno di assumere cioccolato aumenta o diminuisce con la consapevolezza di averne tre o quattro tavolette stipate nella dispensa? Forse l’averlo così vicino con la possibilità di mangiarselo fa diminuire il desiderio, che, invece, aumenta a fronte della irraggiungibilità della materia prima. Ci pensavo, chissà perché – ma la paura si comporta come un desiderio o un bisogno – riascoltando la solita diatriba che ogni tanto torna in primo piano circa l’incomprensibilità della paura e della percezione della insicurezza a fronte della diminuzione statistica dei crimini. Si delinque di meno – e ormai le percentuali sono in discesa da parecchi anni – ma si ha più paura che in passato.

Vi sono oratori pronti a irridere questa percezione di paura e insicurezza che contrasta con i numeri sacrosanti di diversi rapporti. Ve ne sono altri che, invece, la cavalcano abilmente per i propri scopi, non necessariamente politici. Direi che la virtù, come sempre, sta nel mezzo. Prendersi gioco di una diffusa percezione di paura è pericoloso. Pensare, poi, di annullarla con lo sciorinamento di numeri rassicuranti è la solita pretesa razionalistica di riordinare il mondo degli umani dentro una tabella. Quasi come convincere il poveraccio, che non ha mai messo un pollo sotto i denti, che l’hanno scorso, statisticamente parlando, ne ha mangiati ben dieci e mezzo: avrebbe ragione lui a lamentarsi e a dire che forse qualcuno se ne è mangiati ben ventuno di polli perché lui, invece, ha patito la fame!

Il dato da cui partire – non so se sia scientifico, ma non mi importa, perché la scienza non spiega tutto ciò che esiste – è che la percezione dell’insicurezza è reale, anche se non fondata sui dati inerenti la sicurezza. Bisogna tenerne conto e non iniziare a motivarla ideologicamente con i soliti teoremi dell’individualismo, del razzismo, della paura dello straniero. Se il cittadino ha paura di subire un furto, una rapina, una aggressione, bisogna cominciare a rassicurarlo dicendo che ha ragione di avere paura, perché purtroppo di derubati, rapinati o aggrediti ce ne sono ancora tanti, e alcuni di questi crimini non ingrossano i rapporti statistici semplicemente perché non sono stati nemmeno denunciati agli organi competenti. Mi capita di sentire lamentele sconsolate del tipo: «Che cosa denuncio a fare? Tanto non serve a niente!». Ovvio, è gravemente sbagliato non denunciare, ma il disagio sconfortato di chi ha omesso la denuncia è più che comprensibile. Inoltre, la povertà dei mezzi a disposizione delle forze dell’ordine, una italica lentezza a prendere provvedimenti adeguati, le odiose lungaggini giudiziarie, l’incertezza della pena sono fattori che aumentano l’insicurezza, anche se i crimini sono diminuiti.

E a poco serve segnalare che la televisione in Italia si occupa di criminalità il doppio rispetto a Germania e Francia. Ha paura anche chi non guarda la televisione, ma ha visto che cosa è successo al vicino di casa o conosce anche solo gli innumerevoli furti tentati e/o riusciti nelle case del suo paese. Ha paura e non bisogna discriminarlo perché ha paura. Anche lui va accolto, ascoltato e… integrato.

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