SECONDA DOMENICA DI AVVENTO – Anno B
Per noi consolare significa soltanto pronunciare parole di solidarietà e di affetto, così da essere vicini a qualcuno in difficoltà. Non è esattamente quello che intende il profeta Isaia quando ci riporta un preciso monito di Dio: «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio». La consolazione non si limita ad alcune parole, ma comporta la trasformazione della situazione. Quando Dio interviene a consolare, non dà una pacca sulla spalla, dicendo qualche parola dolce. No, egli consola il suo popolo, cambiando di fatto lo stato in cui esso vive, trasformandone storicamente la condizione.In questo caso Isaia sta parlando al popolo esiliato a Babilonia, per annunciare che Dio lo ha finalmente liberato: consolazione equivale a liberazione reale, vera, sperimentabile. Un popolo in esilio raggiunto dalla consolazione di Dio si trasforma in un popolo che ritorna nella sua terra e ne riprende possesso. Non un desiderio, non solo una promessa, ma una realtà!
Mentre questa notizia di un fatto desiderato che si sta avverando – il ritorno dall’esilio – raggiunge ogni cuore, il profeta Isaia introduce sulla scena un altro personaggio – «una voce» – che invita il popolo a fare qualcosa di altrettanto concreto per accogliere la novità della consolazione divina. Dio interviene con la sua potenza, Dio ti ridona la libertà, ti fa tornare in possesso della tua terra… tu preparati ad accogliere questo dono. «Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata».
Sono parole che conosciamo bene e che siamo abituati a sentire ogni anno nel tempo di Avvento, parole che subito applichiamo alla figura di Giovanni il Battista – come ci invita a fare l’evangelista Marco all’inizio del suo Vangelo – visto come il precursore che invita ad accogliere Gesù. Il quadro è chiaro: Dio promette consolazione. Come? Ci fa qualche promessa? No, mantiene la promessa. Non manda sulla terra una sua parola astratta, ma manda la sua Parola fatta carne. Dio non manda qualcuno – lo ha fatto per tanto tempo con i profeti – ma manda se stesso fatto uomo. La consolazione non poteva essere più piena. Non un desiderio, ma un fatto. Eppure è una consolazione, quella del Natale, a cui è necessario prepararsi. Ed è quanto ripete Giovanni il Battista: fate spazio a Colui che viene, perché Egli non è un Dio che occupa i cuori, ma è un Dio che bussa alla porta del cuore di ciascuno di noi e aspetta che lo facciamo entrare. Ecco il senso dell’invito del Battista a preparare una via al Signore: rendi il tuo cuore disponibile all’incontro con Dio, così che tu possa aprirgli quando egli bussa. Il secondo cuore del nostro Avvento è, dunque, un cuore che prepara. Dicevamo domenica scorsa: un cuore intelligente è un cuore che veglia, che aspetta senza addormentarsi. Ora, mentre si aspetta, non si sta con le mani in mano, ma si prepara il momento dell’accoglienza. L’attesa deve essere operosa. Quando arriva qualcuno in casa nostra, aspettarlo significa anche mettere in ordine la casa, preparare magari un bel pranzetto, accendere il camino per creare un clima più caldo e accogliente. Ma soprattutto significa stare in pace tra noi. Non ha senso aspettare litigando, facendo i capricci, dicendo parolacce. Un cuore indaffarato in queste cose non è un cuore che si prepara e nemmeno un cuore che prepara. Colui che arriva si accorge subito se il cuore di chi lo sta accogliendo è un cuore preparato oppure è un cuore svogliato, indisciplinato, che… non fatto i compiti insomma. A proposito di compiti, è stato svolto quello che ci eravamo dati domenica scorsa? Ricordate: riconoscere Gesù presente nelle persone che ci stanno vicino. Ebbene, ecco il compito di un cuore che veglia e che prepara: prendi tu l’iniziativa, individua qualche situazione difficile in cui c’è bisogno di te, intervieni per cambiarla. Ti accorgi che la mamma è stanca? Ebbene, falle un piacere senza brontolare e magari anche prima che te lo chieda, ecc. Vale anche per i grandi, in famiglia e sul luogo di lavoro. Insomma, sarà una grande gara a chi prepara di più il suo cuore. E, preparando il suo, contribuisce anche a preparare quello degli altri…