Colpo di testa 51 / Autostrade digitali e Internet su mulattiera

Corriere di Como, 28 novembre 2017

A guardare le pubblicità che passano in televisione saremmo nel paradiso digitale. Autostrade su cui corrono a velocità impressionanti film e immagini che ti portano il mondo sullo schermo del telefono o del computer di casa. Sarà. A me sembra, invece, che è come imboccare la tangenziale di Como: dopo poche migliaia di metri, esci dalla galleria e ti trovi, a sogno spento, nel dedalo delle stradine, con le solite code. Magari qualcuno nel centro della metropoli, laggiù nella nebbia, quella iperconnessione messianica propagandata in tv ce l’avrà davvero, giorno e notte. Ma io vivo a cinque chilometri da Como, sulla collina – quindi, non nella Repubblica Centrafricana – e i byte qui arrivano col contagocce, a singhiozzo, con la velocità della vecchia macchina da scrivere (che a suo modo era già… digitale). Il mio gestore telefonico? È nazionalpopolare, ma mi dicono alcuni che, in un moto di rabbia o convinti da qualche stalker telefonico, hanno cambiato gestore, che, anche dopo, è sempre la stessa solfa. Un esperto in materia mi ha spiegato che è questione di linea: ci vorrebbe la fibra ottica o chissà quale altra diavoleria, mentre, da un certo punto in poi c’è ancora il vecchio doppino telefonico, e l’autostrada a quattro corsie diventa di colpo un viottolo di montagna. Al gestore evidentemente non interessano i pochi che abitano in mezzo ai bricchi e lì, quindi, Internet continua ad arrivare a dorso di mulo.

La scorsa settimana sono incappato nella telefonata di uno dei gestori concorrenti al mio – che poi, mi ha detto sempre l’esperto, alla fin fine usano le stesse linee del gestore nazionalpopolare – e ha cercato ovviamente di imbrogliarmi. Mi ha fatto ripetere due o tre volte paese e via in cui abito, e poi, dopo un po’di suspense, come un prestigiatore che estrae il coniglio dal cilindro, ha annunciato che mi poteva garantire una velocità supersonica. Non sono un allocco e non ho abboccato. Ma qualcuno ci casca e lascia il viottolo per prendere… un altro viottolo!

Intanto Internet qui continua a non funzionare, le lucine del modem si accendono, lampeggiano e poi si spengono, e in certe ore della giornata il traffico è tale che quassù non arriva nemmeno una goccia di byte. Che faccio? Potrei telefonare al «numero verde» (forse così chiamato per il colore della bile secreta in gran quantità dal fegato del chiamante in attesa). Ma bisogna avere tempo da perdere e pazienza da vendere. L’ultimo tecnico arrivato ha aperto la scatoletta penzolante sul muro a una decina di metri dalla casa, ha controllato i fili e l’ha richiusa, lasciandola ancora penzolante. «Tutto a posto», ha sentenziato con tono che voleva essere rassicurante. E ha dato la colpa al router, al modem, al gruppo di continuità, alla distanza dalla centralina. Ma non è così, e io lo so bene. La verità è che la velocità non è un bene per tutti, e anche nella rivoluziona digitale c’è qualcuno che è meno uguale degli altri.

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