Un cuore che veglia

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO – Anno B

Vi sarà capitato di parlare con una persona provata dalla vita, sino al punto di essere giunta sull’orlo della disperazione. Ebbene, se quella persona la conosci bene e conosci la trama del suo passato, l’unico modo per aiutarla, per ridestare in lei la speranza, è quello di suscitare il ricordo di un’esperienza del bene, fatto o ricevuto. Farle ricordare il bene nel momento del buio è il modo migliore per aiutarla a sperare. «Chi può ricordare, può anche sperare. Chi annulla il passato, invece, non crea speranza, anzi ne distrugge le basi spirituali». È esattamente quello che succede ogni anno quando inizia l’Avvento cristiano in preparazione al Natale: all’inizio di tutto c’è un ricordo che è speranza. L’Avvento «vuole risvegliare in noi il vero e più intimo ricordo del cuore, il ricordo del Dio che si è fatto bambino. Questo ricordo è salvezza, questo ricordo è speranza» (Joseph Ratzinger).

A pensarci bene, sarà così lungo tutto l’anno liturgico: tutte le feste cristiane sono ricordi di avvenimenti capaci di suscitare la speranza. E questo è un buon consiglio anche per la vita di ciascuno di noi: dobbiamo nutrirla di ricordi di bene, così da poter costruire il presente sul fondamento della speranza. I ricordi della nostra vita personale devono mischiarsi con quelli della vicenda umana di Gesù, così da garantirsi un supplemento di speranza. Di più ancora: dovremmo far diventare ricordi personali i ricordi della fede, e questo è possibile se la nostra fede s’irrobustisce e diventa l’abito stesso della nostra vita. Che Dio si sia fatto Bambino è un ricordo, perché si tratta non di un pio desiderio ma di un fatto strabiliante, che si è verificato in un momento ben preciso della storia. Il Natale è la memoria di questo fatto. L’Avvento è la memoria della sua attesa. In queste quattro settimane, dunque, siamo chiamati a vivere, nel ritmo della liturgia, l’attesa di Gesù Bambino. Un po’ come se una mamma, ogni anno, dovesse ripercorrere con il ricordo i mesi che hanno preceduto la nascita del suo bambino, quando se lo portava in grembo. È evidente, però, che l’attesa cui ci invita Gesù nella pagina evangelica non è quella del Natale storico di Gesù. «Fate attenzione, vegliate – dice – perché non sapete quando sarà il momento». Egli si riferisce al momento del suo ritorno definitivo. Quello attendiamo nella nostra vita, non sapendo quando e come sarà. E l’Avvento ogni anno ci ricorda questa dimensione dell’attesa che caratterizza i nostri giorni terreni. È un’attesa carica di speranza proprio grazie al ricordo della venuta storica di Cristo. Dio si è fatto carne perché la nostra carne potesse incontrarlo. Ed è esattamente l’incontro con Lui ciò che noi aspettiamo. Quando si aspetta l’arrivo di una persona cara, si rimane svegli; e se si è già a letto, bisogna assolutamente alzarsi quando quella persona arriva e approfittare subito della sua presenza. È ancora più facile stare svegli, se si è in compagnia ad attendere. Avvento significa attesa di Gesù, ed è un’attesa che vogliamo vivere insieme, come i servi di cui parla Gesù, a cui è stato affidato un compito, in attesa che il padrone di casa ritorni.

Abbiamo bisogno di qualcosa che ci tenga svegli e ci prepari all’incontro con Gesù che viene, in una sorta di «itinerario del cuore» che insieme vogliamo percorrere. Ho detto prima che la nascita di Gesù è il più bel ricordo del cuore capace di ridestare in noi la speranza. Proprio così. Il nostro cuore ha bisogno di crescere, come hanno bisogno di crescere la nostra intelligenza e il nostro corpo. Anzi, dirò di più: anche il cuore deve essere intelligente, e la sua intelligenza deve crescere. In questo tempo di Avvento vedremo di far crescere l’intelligenza del nostro cuore.

In questa prima domenica ci diciamo che è intelligente il cuore che veglia. Vegliare vuole dire stare molto attenti senza smettere un momento di aspettare. È quello che dobbiamo cominciare a fare. Allora, proviamo ad osservare le persone che ci stanno più vicine e proviamo a scorgere in esse… Gesù che aspettiamo. Gesù non vive su una nuvola, ma in mezzo a noi. Apriamo gli occhi del cuore, dunque, e impariamo a riconoscere Gesù in persona che già abita nelle nostre case.

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