QUINDICESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A
Che bello questo Gesù seduto sulla barca, che parla alla folla! Parla in modo semplice, facendo riferimento ad esperienze che la gente può conoscere. Eppure, le parabole travisano spesso queste esperienze, le presentano in modo paradossale, così da far rientrare in se stesso l’ascoltatore e fargli sorgere qualche domanda. Fortunati i discepoli che hanno la possibilità di ascoltare non solo la parabola, ma anche la sua spiegazione! Ebbene, la pagina evangelica che abbiamo ascoltato contiene alcune parole di Gesù che stanno proprio tra la parabola del seminatore e la sua spiegazione. Siamo tentati di saltare proprio queste parole, perché sono quelle che maggiormente ci fanno problema. Invece, dobbiamo affrontarle. Dice Gesù ai discepoli che gli domandano il motivo del suo parlare in parabole alla gente: «A voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato». Vuol dire che Dio decide di comunicare solo con alcuni e lasciare nella confusione gli altri? Vuol dire che il fatto che alcuni credano e altri no è esclusivamente il frutto di una decisione divina che agli uni si svela e agli altri no? Così siamo tentati di interpretare. Ed è una spiegazione comoda. In fondo – si potrebbe pensare – se non sono un buon cristiano, è colpa di Dio, che non mi ha dato gli stessi doni di fede che ha dato ad altri. Se avessi ricevuto la fede dei santi, sarei santo anch’io! Non è così, naturalmente. È vero che l’uomo, solo con le proprie forze, non può penetrare il mistero del regno dei cieli, ma il primato di Dio non annulla affatto lo spazio della responsabilità umana. Lo si comprende, proprio alla luce della spiegazione della parabola del seminatore: Dio è un grande sprecone nel gettare il seme della sua Parola, che feconda ogni tipo di terreno, per cui l’insuccesso della seminagione non è da attribuire al seme, ma al terreno che lo accoglie. Ci sono tre verbi da coniugare per realizzare perfettamente il processo dal seme al frutto:
- non basta ascoltare la Parola (come nel seme seminato lungo la strada), ma bisogna anche comprendere la Parola;
- non basta accogliere con gioia la Parola (è quanto accade al seme seminato nel terreno sassoso o tra le spine), ma bisogna permettere che la Parola metta radici in noi e non soffocare la piccola piantina che subito spunta: bisogna, cioè, far fruttificare la Parola di Dio in noi (ed i tre verbi – ascoltare, comprendere e fruttificare – si realizzano solo per il seme seminato nel terreno buono).
Quanta cura mettiamo in questa triplice operazione? Se la Parola di Dio è una fascio di parole indistinte che entra frettolosamente a Messa la domenica, e poi… più nulla, allora noi siamo cristiani della strada, dei sassi, delle spine, e non possiamo meravigliarci se i frutti non si vedono! Diceva – sedici secoli fa – san Giovanni Crisostomo ai suoi fedeli presenti in chiesa per la Messa domenicale: «Se ogni giorno noi versiamo l’acqua in un vaso bucato e non mettiamo, nel conservare la parola di Dio nel nostro cuore, la stessa cura che usiamo per custodire l’oro e l’argento, non ricaveremo alcun vantaggio da questi nostri incontri».
Gesù aggiunge un’altra espressione perentoria: «A colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha». Bisogna intendere bene: «avere» e «non avere» non sono nell’ordine dell’economia dei beni materiali, ma nell’ordine dello spirito. Chi accoglie la Parola di Dio e ne fa tesoro diventa sempre più capace di comprenderla e di farla fruttificare. Chi, invece, è povero nelle cose dello spirito, distratto e svogliato, non solo non coglie nulla della ricchezza della Parola di Dio, ma si condanna ad una crescente indigenza spirituale. Chi si appassiona alle cose della fede, vi dedica tempo, occhi, orecchi e soprattutto cuore (bisogna «intendere con il cuore», dice il profeta Isaia), evitando un ascolto frettoloso e abitudinario che genera solo assuefazione e noia, costui diventerà interiormente sempre più ricco, e soprattutto non sarà sterile, ma cristiano capace di produrre ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta per uno. C’è posto per diverse rese nel campo di Dio, l’importante è far fruttificare il seme!