Colpo di testa 32 / Social, anche il guru ammette: l’ingranaggio si è inceppato

Corriere di Como, 23 maggio 2017

Evan Williams

«Un tempo pensavo che, se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo». A parlare così in una intervista apparsa sul New York Times è Evan Williams, fondatore di Twitter e delle piattaforme Blogger e Medium. Sembra che a convincerlo che «internet non funziona più» sia stato il successo che proprio il suo social network Twitter ha garantito al presidente Donald Trump. «È stata un brutta cosa, perché senza Twitter molto probabilmente non sarebbe diventato presidente», ha detto Williams. In effetti 30 milioni di follower sono il regalo di una platea di proporzioni gigantesche, per un mezzo che sloganizza i messaggi e bene si adatta alla propaganda ideologica.

Questa motivazione squisitamente politica non mi convince più di tanto (avrebbe dovuto valere anche per Obama che di follower ne ha totalizzati oltre 88 milioni). Mi interessa maggiormente l’ammissione da parte di Williams di una responsabilità nell’aver impoverito il dialogo tra gli uomini, proprio con un mezzo che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto incrementarlo e qualificarlo positivamente. L’errore sta tutto nella pretesa di un avverbio che vale forse per le macchine, ma che non funziona se applicato a quel picco della scala evolutiva che è l’uomo. «Automaticamente» non si addice all’umanità. Credere che «il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore» è una illusione che un uomo, per giunta intelligente, non dovrebbe mai coltivare, perché è destinata a raccogliere una delusione.

L’automatismo non s’accorda con il libero arbitrio dell’uomo, il quale può utilizzare bene o male gli strumenti che gli vengono messi a disposizione. Ora, la maggior parte degli uomini intende quel «liberamente» come un poter fare quello che si vuole, come il realizzarsi della promessa che il mirabolante strumento che ti viene messo tra le mani faccia sì che tutto ruoti attorno a te (non per nulla questo era lo slogan scelto qualche anno fa’ proprio da un gestore telefonico). In aggiunta, se lo strumento è persino veloce, c’è il rischio che l’emisfero sinistro del cervello – quello del pensiero – non venga nemmeno interpellato. Quindi, accade che le risposte scattano «automaticamente», senza una adeguata riflessione, a colpi di hashtag, e così «internet non funziona più», o funziona bene come macchina degli istinti e anche di fake news.

Una parola importante, forse decisiva se si vuole salvare Internet, e che manca nell’intervista di Evan Williams, è «educazione». Guarda caso, è proprio il contrario di «automaticamente». Di questa parola e di tutto ciò che essa praticamente comporta, Internet ha un sacro terrore. La vede come un limite del successo della Rete, degli affari che vi si possono fare, della libertà che vuole garantire a ogni individuo. E forse non sbaglia. Ma poi anche un guru dei social è costretto a confessare che l’ingranaggio si è inceppato.

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