Colpo di testa 22 / Un Giusto tra le Nazioni contro il fondamentalismo

Corriere di Como, 7 marzo 2017

museo-del-bardo-ulisse-e-le-sireneHamadi Ben Abdesslem è un tunisino divenuto famoso in quanto il 18 marzo 2015 si trovò al centro della scena del sanguinoso attentato del Museo del Bardo di Tunisi. Gli erano stati affidati  45 turisti italiani sbarcati da una nave di crociera attraccata al porto e stava con loro al secondo piano del Museo, nella sala di Virgilio. Immaginiamo il fascino di trovarsi nel più antico museo del mondo arabo e dell’Africa, ove, in ampi spazi luminosi, si può ammirare tra l’altro la più ricca collezione di mosaici romani, tutti in perfetto stato di conservazione. Hamadi  è una guida esperta. Quando intuisce che nel museo sta succedendo qualcosa di strano (si odono i primi spari), riesce a mantenere la calma e anche a trasmetterla ai turisti che tiene uniti in un unico gruppo. Chiede il silenzio – intanto i terroristi stanno salendo le scale – e conduce i 45 italiani attraverso i locali dell’amministrazione e, senza passare dall’ingresso, li porta in salvo fuori dal museo. In quella stessa sala di Virgilio nove persone verranno uccise dai terroristi pochi minuti dopo. Hamadi, dunque,  è stato guida verso la vita per chi lo ha seguito. Dichiarato “Giusto tra le Nazioni” – proprio ieri si è celebrata la Giornata europea dei Giusti – il desiderio della guida tunisina è sempre stato quello di poter rivedere i turisti che con lui avevano condiviso la drammatica vicenda del Bardo. Molto probabilmente il sogno si realizzerà la prossima settimana a Milano nell’ambito delle celebrazioni per ricordare il secondo anniversario dall’attacco terroristico di Tunisi. Tra l’altro Hamadi, dopo la dedica di un albero nel Giardino dei Giusti di Tunisi, all’interno dell’Ambasciata italiana, si è impegnato in prima persona nella battaglia culturale contro il fondamentalismo.

Uno dei mosaici che Hamadi avrà sicuramente illustrato ai turisti italiani in quella mattina del 18 marzo 2015 ritrae la famosa scena dell’Odissea, con Ulisse legato all’albero maestro della nave per evitare di soccombere al canto suadente delle sirene. I suoi compagni hanno le orecchie tappate con la cera. Il messaggio del fondamentalismo assomiglia a quello di una sirena incantatrice, che rischia di far breccia in uomini e donne che hanno trasformato la loro religione in una specie di scafandro impermeabile. È sempre pericoloso quando la salvezza è identificata ipso facto con una dottrina, che finisce fatalmente per essere la dottrina, l’unica, quella giusta, quella rivelata da Dio, e le sue applicazioni sono come una molla che scatta automaticamente senza guardare in faccia alle persone, senza confrontarsi con la vita.  Nel mito omerico di Ulisse, l’uomo deve essere legato per sfuggire alle sirene. Noi – in un percorso iniziato almeno 2500 anni fa’ – pensiamo che sia giusto, invece, togliersi i tappi dalle orecchie, ascoltarsi, accettare il rischio del dialogo, confrontarsi con gli errori. È una via più lenta e che non è esente da insidie. Ma è l’unica autenticamente umana.

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