Colpo di testa 20 / Lo spionaggio è colpa del nostro voler apparire

Corriere di Como, 21 febbraio 2017

Lo spionaggio passa per la Rete. Mail, messaggi, post, propagazione delle cosiddette fake news (false notizie). Se lo scopo dello spionaggio classico era soprattutto quello di conoscere i segreti del nemico, ora sembra che lo sport preferito dagli spioni sia quello di interferire negli affari interni di un Paese. L’intendimento, però, è lo stesso di sempre: stabilizzarsi, destabilizzando. Se ne parla in questi giorni in vista delle elezioni presidenziali francesi previste il 23 aprile (primo turno) e il 7 maggio (ballottaggio). Si dice che la Russia stia cercando di influenzare il voto transalpino con l’azione dei propri hackers, già utilizzata per favorire l’elezione di Trump negli Stati Uniti.

Putin viene ultimamente dipinto come un grande stratega informatico, capace di uscire così dall’angolo della politica internazionale in cui lo si voleva mettere. Mi sembra un’immagine troppo generosa del presidente russo, anche se una parte di verità in questa spy story digitale c’è sicuramente. Mi pare, però, che nell’accusa rivolta al sistema di hackeraggio dell’ex Unione Sovietica si palesi una di quelle letture strabiche a cui la politica ci ha come abituati. Si crocifigge la condotta della Russia, e ci si dimentica che – come fu rivelato nell’estate del 2015 – gli Stati Uniti tramite i servigi della National Security Agency (Nsa) avevano intercettato sistematicamente per anni le telefonate di alcuni leader europei, segnatamente della cancelliera tedesca Angela Merkel, sia quando parlava dal suo ufficio di partito sia quando usava il cellulare. Quindi l’America – non quella di Trump, ma quella di Obama – spiava addirittura i suoi alleati con scopi non certo fraterni… Se poi usasse del contenuto delle telefonate intercettate per ingerirsi negli affari interni della Germania e degli altri Paesi europei, non è dato saperlo, ma non c’è motivo di pensare che non sia stato così. Quindi, bisognerebbe concludere: chi è senza peccato, scagli la prima pietra!

Certo, l’incredibile sviluppo della tecnologia digitale ha ampliato nel bene e nel male le potenzialità del mezzo informatico. E non è un problema che riguarda solo le persone influenti della Terra, ma anche noi semplici cittadini del mondo. È sempre più difficile garantire o pretendere segretezza in un contesto mediatico in cui circolano miliardi di messaggi che, proprio perché non sono scritti su un unico foglio di carta che può ancora essere nascosto da qualche parte, rischiano di essere alla mercé dei geni della decriptazione, al servizio di questo o quel potentato politico e/o economico. La privacy è ormai un concetto sempre meno reale e realizzabile. Ogni scritto postato in Rete, anche se cancellato, ha già lasciato una traccia indelebile. Il vero problema è che siamo diventati dipendenti da questo istinto di apparire. Mentre dovremmo imparare a scrivere… il silenzio.

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