Il sogno di Dio

VENTISETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

20150811_112334La parola di Dio in questa domenica avrebbe bisogno di un ascolto profondo e di una riflessione prolungata. Ma so che i minuti dell’omelia sono contati e, allora, mi limito a comunicare quella che considero la rivelazione essenziale che questa Parola ci fa: noi siamo il progetto di Dio, o – se volete, con un linguaggio più poetico – noi siamo il sogno di Dio, il suo desiderio realizzato. E se guardiamo Maria siamo messi di fronte ad una creatura come noi, in cui questo sogno di Dio risplende in tutta la sua luce.

Questo sogno lo troviamo sulla bocca di Dio, in principio, con quelle parole che il libro della Genesi riporta quasi come una perplessità che il Creatore prova nel momento in cui guarda l’uomo messo al centro del mondo: «Non è bene che l’uomo sia solo». Ebbene, questa solitudine non permette al progetto di Dio di realizzarsi pienamente. C’è bisogno di altro, e non di un altro qualsiasi, ma dell’altro da me che venga a completarmi e a guarire quella non bontà che è la mia solitudine. La donna è posta accanto all’uomo, carne della sua carne, a lui donata come un mistero. Il sogno di Dio è questa comunione iniziale, profonda. Ci si stupisce, considerando la nostra miseria, i nostri ragionamenti pieni di «se» e di «ma», davanti a questo affresco originario. Ci si stupisce, ascoltando i farisei che cercano di mettere alla prova Gesù proprio su questo grande sogno di Dio. Gli apostoli stessi non capiscono il loro Maestro che conferma che non solo è possibile che l’amore tra uomo e donna sia per sempre, ma che questo è, nuovamente e sempre, sin dal principio, il progetto di Dio.

È bello ricordare questa ostinata decisione divina di far girare il mondo attorno all’amore fedele e indissolubile tra un uomo e una donna. Non si tratta di una tradizione ecclesiastica e nemmeno della cocciutaggine di qualche prete antiquato. No, questo è niente di meno che il sogno di Dio. Ed io ve lo propongo intatto in tutta la sua prorompente forza rivoluzionaria. Attorno a questo perno gira la vita di una famiglia, e tanti di questi perni costituiscono la bellezza di una comunità parrocchiale. Dobbiamo dare ancora più importanza all’amore coniugale come terreno fertile di amore che esonda dalle pareti delle nostre case e va a irrigare la nostra parrocchia, il nostro oratorio. Ma prima ancora di esondare, mi preme ricordare che l’amore coniugale deve irrigare veramente il terreno di ogni famiglia e santificarlo. Ci sia comunione in ogni casa, tempo per il dialogo, serenità per i figli che non venga soltanto da qualche regalo dell’ultima diavoleria tecnologica, dalla televisione o dal tablet. Mi piacerebbe che ciascuna famiglia sentisse la responsabilità di essere la realizzazione umana del sogno che Dio ha fatto in principio, quel sogno che fa sì che nessuno di noi sia solo, perché «non è bene che l’uomo sia solo». Vorrei che ci fosse maggiore attenzione alla vita della comunità e una sintonia, una collaborazione cordiale all’educazione umana e cristiana dei nostri ragazzi.

Gesù prese i bambini e li fece diventare misura del regno di Dio: «A chi è come loro appartiene il regno di Dio». Essere «come» i bambini significa essere davvero adulti, diventare grandi non perdendo il loro entusiasmo, la loro gioia, la loro capacità di dipendere. Ma essere grandi significa sentire la responsabilità verso i piccoli. Se è vero che «chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso», è pur vero che spetta a tutti noi, adulti, il compito di insegnare ai bambini le cose di Dio oltre che le tante cose degli uomini. Tanti nostri bambini, purtroppo, respirano Gesù nell’oretta settimanale del catechismo, ma non trovano poi conferme in casa, e spesso questo accade non per una colpevolezza grave, ma per una leggerezza divenuta abitudine. Perché non lavorare insieme in questo compito educativo, perché non confrontarci sulle cose di Dio, perché non darci forza a vicenda? Nella ripresa pastorale che caratterizza questi giorni vorremmo tutti insieme, nella grande famiglia della parrocchia e nelle nostre famiglie, rendere ancora più vero il grande sogno di Dio sull’umanità.

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