VENTITREESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
Riascoltare questo miracolo di Gesù è sempre motivo di stupore e di gioia. Ogni volta pensiamo ai nostri bambini e al battesimo in cui il gesto compiuto da Gesù e la sua parola – Effatà, apriti! – vengono sacramentalmente ripetuti come segno di augurio di un cammino di vita cristiana. Un augurio divino che è responsabilità umana. Spetta a noi aprire quelle orecchie e sciogliere quella lingua con l’impegno innanzitutto a dedicare tempo ai nostri bambini e a riempirlo umanamente e cristianamente. Davanti a noi sta una grande sfida educativa. Nonostante siano aumentati a dismisura i mezzi, le risorse, le occasioni, i metodi, lo scopo vero dell’educazione sembra sempre più lontano, talvolta irraggiungibile. Come mai? Credo che la causa maggiore sia proprio lo scarso tempo dedicato all’arte dell’educazione. I ritmi delle nostre vite sono impazziti, pieni di lavoro, di cose da fare, di impegni da onorare, di risultati da raggiungere e spesso i bambini pagano il vuoto in cui li lasciamo, anzi pagano soprattutto il pieno di cose con cui cerchiamo di sostituire le carenze del nostro tempo. La pagina evangelica con lo splendido racconto della guarigione del sordomuto ha un suggerimento importante circa l’arte educativa. Gesù mette le dita negli orecchi del sordomuto e tocca la sua lingua con la saliva. Gesti concreti, non parole magiche. L’educazione si gioca nella concretezza di un contatto fisico, di una presenza significativa e attenta, di un tempo donato e pieno – sì, quantità di tempo e non solo ritagli occasionali – . E le sfere su cui agire sono due: la parola e l’ascolto. Ho la sensazione che si spendano energie per insegnare a parlare e nessuna per insegnare ad ascoltare, e solo chi è capace di ascoltare sa anche parlare. Infatti, Dio ci ha dotati nel volto di una sola apertura per parlare e di due per ascoltare! Dare la nostra saliva alla lingua dei nostri figli – come nel gesto simbolico compiuto da Gesù – significa avere una saggezza da trasmettere, una filosofia di vita impastata di concretezza.
Ascoltando i discorsi dei bambini, spesso, si ha l’impressione che essi in casa ricevano o solo regolette pratiche per vivere – o magari solo per farla franca e passare ove l’acqua è più bassa – o dei vaghi e scontati appelli generalisti ad essere buoni e ubbidienti. Manca proprio l’impasto tipico della saggezza, che richiede però tempo, silenzio, ascolto, dialogo, comunione quantitativa di spazi di vita. È naturale che l’esempio è ciò che più conta: i bambini devono vedere negli adulti una loro abituale frequentazione dei valori insegnati con la bocca, altrimenti impareranno a fare non ciò che sentono dire ma ciò che vedono fare. Non meno importante è un’altra dimensione dimenticata dell’educazione, che è la preghiera. Un educatore come san Giovanni Bosco diceva che «l’educazione è cosa del cuore, e Dio solo ne è padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi». Dopo la concretezza dei gesti compiuti sul sordomuto, Gesù guardò in cielo ed emise un sospiro. L’apertura della bocca e degli orecchi dei bambini dipende anche da questa capacità di guardare in alto, dopo aver compiuto ciò che è umanamente possibile e doveroso. Anche qui, forse, occorre rivedere il nostro modo di educare.
Certo che si prova molto scoramento nel vedere come il mondo della comunicazione – da cui, volenti e nolenti, siamo come assediati e invasi – sia incapace di parlare e ascoltare. I giornali e la televisione sono ormai diventati maestri di sospetto, suggeritori di scandali – magari costruiti a tavolino solo per gettare discredito sull’avversario – e manipolatori della pubblica opinione. È un clima assai pericoloso e diseducante, perché rischiamo di impostare nello stesso modo i nostri rapporti interpersonali, impiegando nel pettegolezzo, frivolo inconcludente e talvolta malevolo e fonte di sofferenze, quel tempo che dovremmo dedicare invece all’educazione, al dialogo e alla preghiera. Sentiamo il bisogno che Gesù compia ancora oggi il suo miracolo sulla nostra società, che pur a-vendo moltiplicato e perfezionato i mezzi della comunicazione, resta drammaticamente sordomuta. Avrà bisogno della nostra lingua e dei nostri orecchi, così che li possa purificare.
Mi trovo d’accordo con quello che Lei dice invece non mi piace vedere che i genitori o anche i nonni spendano più tempo alla pulizia della casa piuttosto che come dice lei all’ascolto dei piccoli o dei meno piccoli. Certo che i genitori di una volta non usavano nemmeno intrattenere i propri figli e nemmeno ascoltarli perchè non avevano tempo. Quelli di oggi sono desiderosi di stare il più possibile in pace perchè sono stressati. Ma se si vuole, lo stress si può gestire senza pastiglie e senza sedute presso Specialisti……..Quando nasce un figlio, l’attenzione che si da’ al piccolo, poi deve continuare, non arrestarsi perchè lui è diventato “grande”.! Gesù si da’ da fare a guarire tutti ma i cari genitori del giorno d’oggi lo cercano ancora? o c’è solo Internet per i consigli? Grazie.