Atteggiamenti da buon pastore

QUARTA DOMENICA DI PASQUA – Anno B 

Gregge di pecoreImmagine bellissima, quella del vangelo odierno. Ritorna tutti gli anni in questa quarta domenica di Pasqua in cui la Chiesa ci invita ad una particolare preghiera per le vocazioni. Gesù si riferisce alla consuetudine dei pastori di riunire in un grande recinto le loro pecore per la notte; al mattino, poi, ciascun pastore entrava nel recinto e chiamava le proprie pecore, che seguivano lui, e non altri, perché riconoscevano la sua voce. Una unità profonda che accomuna esseri di natura diversa, il pastore e le pecore, che simboleggia il legame che in Gesù Cristo si è venuto a creare stabilmente tra Dio e l’uomo. Nell’immagine entrano, per contrasto, anche il mercenario e il lupo. Sembrerebbero molto diversi, eppure tra di loro si crea una sorta di alleanza negativa che rappresenta la morte delle pecore. Il mercenario è uno che «non gli importa delle pecore»; il lupo, invece, è uno a cui le pecore interessano molto! Il mercenario è il simbolo del disinteresse per gli altri, il lupo è il simbolo dell’interesse per se stessi. Se le pecore sono affidate ad un mercenario, il lupo raggiunge più facilmente il suo scopo. Come a dire che esiste un rapporto strettissimo tra il disinteresse per gli altri e l’interesse per se stessi. È proprio così, nella vita: quando ci disinteressiamo a chi ci sta attorno – cioè ci comportiamo da mercenari – fatalmente l’interesse per sé diventa l’unico criterio di vita – e quindi, talvolta senza accorgercene, diventiamo lupi nei confronti degli altri – ed è vero anche il contrario: se ci chiudiamo nel nostro guscio e facciamo girare il mondo attorno a noi stessi, irrimediabilmente diventiamo ciechi e sordi agli appelli di chi ci vive accanto.

La dinamica del mercenario-lupo è quella dell’egoismo. In contrasto con essa c’è la dinamica del buon pastore, che è caratterizzata da tre atteggiamenti ben definiti. Il pastore è uno che gli interessa delle pecore perché le pecore gli appartengono, ma, siccome gli appartengono, è disposto a dare anche la propria vita per le pecore. Questo primo atteggiamento potremmo definirlo dell’appartenenza vissuta come dono di sé. Abbiamo un’altra immagine, tutta umana, per descrivere questo atteggiamento così rivoluzionario, in cui l’altro è tutto mio eppure lo è solo nella misura in cui io sono disposto a dare la vita per lui? Sì, è l’amore coniugale, l’unico amore reciproco tra due persone in cui l’appartenenza dei due è vivibile umanamente solo nella misura in cui è reciprocità di dono. Se nella coppia l’appartenenza non è vissuta come dono, il rischio è che si cada nella logica del mercenario e del lupo. Talvolta, nella nostra società, il matrimonio è avvertito come una gabbia dell’amore, perché non si vuole accettare che donarsi è l’unico modo di appartenersi, realizzando la propria vera libertà.

C’è poi un secondo atteggiamento del pastore: egli conosce le sue pecore e le sue pecore lo conoscono e lo riconoscono. Siamo di fronte ad una conoscenza vissuta come rivelazione. Il conoscere non è per l’esercizio di un potere sull’altro, ma è perché l’altro ti conosca nel profondo e ti possa riconoscere. Se volessimo cercare un’esperienza umana per descrivere questa dinamica, dovremmo far riferimento all’amicizia, in cui il bisogno di essere conosciuti e riconosciuti dall’amico è anche più grande del desiderio a conoscere e a svelare l’amico stesso. Le distanze tra pastore e pecore sembrano annullate da questa conoscenza reciproca. Per questo Gesù può dire a ciascuno di noi: «Vi ho chiamati amici».

Il terzo atteggiamento del pastore è il più inaspettato: «Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare». Egli cammina sicuro innanzi alle sue pecore, ma il suo pensiero va oltre; tutte le sere le riconduce nel recinto, ma il suo amore non è confinato entro uno steccato. Siamo di fronte ad una dedizione vissuta come universalità. Il Buon Pastore ha voluto che in mezzo a noi ci fosse un segno umano di questo suo amore a 360 gradi: è il prete, l’uomo chiamato a guidare una comunità con una dedizione a ciascuno come se fosse l’unico, l’uomo che ha un recinto in cui custodire il suo gregge e un cuore senza recinti con cui amare in modo sconfinato. Dobbiamo pregare perché sia così. Dobbiamo pregare perché ci siano ancora uomini così nella Chiesa.

1 thoughts on “Atteggiamenti da buon pastore

  1. Ho “salvato” l’immagine delle pecore per fare un quadretto per casa mia. Si può sapere dove sono state ritratte? Che bellezza almeno loro sono candide, serene, pacifiche, non si arrabbiano mai, sembrano libere, non hanno recinto e dal Cielo il Pastore che è Gesù le guarda ad una ad una. Grazie.

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