Dimensioni della Pasqua

TERZA DOMENICA DI PASQUA – Anno B

IMG_0385Ancora una volta ci viene riproposto il racconto della sera di Pasqua. Eppure non si tratta di una sterile ripetizione. Ci vengono annunciate tre dimensioni importanti della Pasqua, che continuano ad essere il fondamento della nostra fede. Sono annotazioni a cui l’evangelista Luca tiene molto. Una prima dimensione potremmo chiamarla contagio. Sappiamo tutti che ci sono malattie come l’influenza che si prendono stando a contatto con chi ne è infetto. Ma esiste un contagio anche nella gioia: se stai con persone allegre e serene, è più facile che anche tu ne venga contagiato. Ebbene, Gesù risorto si comunica per contagio comunicativo. I due discepoli che avevano incontrato Gesù lungo la strada tra Gerusalemme ed Emmaus, dopo che i loro occhi furono aperti e lo riconobbero nel gesto dello spezzare il pane, tornarono in tutta a fretta a Gerusalemme e trovarono la comunità dei discepoli. Mentre narravano l’incontro con Gesù, ecco che l’incontro si ripete!  Mentre parli di Gesù entrato nella tua vita, Gesù entra nella vita degli altri: non è così che si trasmette la buona notizia? «Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: Pace a voi!». È naturalmente Gesù che prende l’iniziativa di stare in mezzo a noi e di donarci la sua pace, ma ha bisogno della nostra narrazione, della nostra buona parola. Tante volte Gesù non si vede, perché manca questa parola, questo entusiasmo di comunicare, di narrare. Siamo divenuti distratti, apatici, chiacchieroni di tante banalità ma muti nel comunicarci il cuore della vita. Talvolta, sembra quasi che i cristiani abbiano addirittura paura a pronunciare il nome di Gesù o a lasciar intendere che sono credenti in Lui e membri della sua Chiesa. La fede è vissuta come un atteggiamento intimistico, privato, segreto – talmente segreto che poi uno se ne dimentica anche nel privato! – e così la Pasqua di Cristo si svuota e rimaniamo discepoli di un sepolcro vuoto e non di un Cristo vivente che sta in mezzo a noi. Peccato, perché il contagio non avviene se teniamo Gesù chiuso in una camera sterile, immune da ogni contatto.

C’è poi una seconda dimensione assai bella, che potremmo chiamare carnalità. La Pasqua si sprigiona dalla carne di Cristo, da guardare e da toccare. Non è Tommaso che vuole toccare, è Gesù che invita a toccare! Quando usiamo la parola «spirito» o «spirituale» per indicare la nostra esperienza cristiana, dobbiamo stare molto attenti a non intenderla alla stregua di un pensiero, di una convinzione mentale, di una somma di nozioni filosofiche impalpabili che guidano dall’alto la vita. Sentite Gesù: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne ed ossa, come vedete che io ho». Il cristianesimo come fantasma è, purtroppo, assai diffuso tra i cristiani. Una data di battesimo disincarnata, scritta su un registro e conservata in un armadio. Un catechismo lontano, che non ha lasciato tracce. Una appartenenza alla Chiesa limitata a qualche Messa lungo l’anno, ma che non genera più alcuna passione. I fantasmi non convincono nessuno, e se il messaggio di Gesù è presentato al mondo come un fantasma, scivola via come l’acqua sulla roccia. Quell’invito di Gesù a guardarlo e a toccarlo è tuttora valido, solo che il mondo ora ha solo i nostri corpi da guardare e da toccare e se noi siamo dei fantasmi, non mettiamo più nemmeno paura! Lo Spirito è esattamente questa carnalità del Risorto che continua nella storia, come presenza incarnata e vivace delle nostre famiglie cristiane e delle nostre comunità.

C’è, poi, una terza dimensione pasquale che la pagina evangelica odierna sottolinea, e potremmo usare, per descriverla, la parola mentalità. C’è bisogno che abbiamo una mentalità cristiana nell’affrontare le problematiche del mondo di oggi, e per far questo c’è bisogno di cristiani dalla mente aperta, di cristiani che si lascino aprire la mente da Gesù Cristo. In quella sera di Pasqua, Gesù «aprì loro la mente per comprendere le Scritture». Già, io vedo tante menti chiuse oppure aperte non da Gesù. Vedo tanti cristiani che, invece di liberarsi in Cristo, si sono liberati di Cristo e leggono la loro vita e i fatti della storia con una mentalità mondana, quella più comoda, quella di tutti, quella della televisione. Occorre tornare ad essere testimoni!

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