QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno B
Il nostro itinerario quaresimale sull’alleanza è arrivato all’ultima tappa, prima di entrare nella Settimana Santa. È la tappa dei profeti, in particolare del profeta Geremia, chiamato ad annunciare una nuova alleanza tra Dio e l’uomo. Sì, Dio vuole stipulare un nuovo patto con il suo popolo. Come mai serve una nuova alleanza? Che ne è stato della prima alleanza? Dio aveva donato la Legge a Mosè, e abbiamo detto che il Decalogo rappresenta il minimo indispensabile per mantenere viva l’alleanza. I dieci comandamenti sono le regole essenziali del patto tra Dio e l’umanità. Ma gli uomini non hanno rispettato nemmeno questa tavola minima di norme, e sono, quindi, venuti meno all’alleanza. Ci aspetteremmo un Dio che rompe il patto. Invece, Dio resta fedele all’alleanza, e lo fa in un modo che stupisce. Non solo rispetta l’alleanza, ma vuole ancora aiutare l’uomo ad essere fedele. Qui veniamo a contatto con un aspetto veramente unico del volto di Dio: non gli basta amare l’uomo di un amore tenace e fedele, vuole essere amato dall’uomo con un amore altrettanto fedele eppure libero. Il Dio dell’alleanza è un Dio che ama e ama di essere amato. E s’accorge, quindi, che l’uomo fatica a mantenersi fedele all’alleanza. Ecco perché annuncia una nuova alleanza. Ma in che cosa consiste precisamente?
Immaginiamo di aver dovuto noi decidere le caratteristiche del nuovo patto, dopo che il primo era fallito. Avremmo subito pensato ad un facile e comodo espediente: «se l’uomo non riesce a mantenersi fedele alla legge, facciamogli uno sconto; se non riesce proprio a rispettare tutti e dieci i comandamenti, ebbene ne scelga qualcuno e rispetti almeno quelli». Questa è la logica imperante oggi, la logica del ribasso, falsamente umanitario. Dio, che pure vuole un’alleanza nuova, non ha affatto in mente uno sconto sull’alleanza antica. Egli pensa ad un approfondimento dell’alleanza. E comincia con il perdonare il peccato di chi è venuto meno al patto, rimettendo così l’uomo nella condizione di ricominciare da capo. La novità consiste innanzitutto nel rinnovare l’uomo, nel farlo nuovo davanti a Dio. Una volta fatto nuovo grazie al perdono («Non ricorderò più il loro peccato»), l’uomo è come messo nella condizione di essere fedele all’alleanza, di amare. Dio guarisce il cuore dell’uomo, rendendo interiore e profondo un rapporto che veniva sentito come esteriore e oppressivo. La Legge non è più scritta sulle tavole di pietra che Mosè ha portato dal Sinai, ma è scritta sul cuore di carne di ogni uomo. Quindi, Dio scrive la legge nel cuore dell’uomo, che così scopre Dio nell’interiorità. Il passaggio che il profeta Geremia annuncia è fondamentale per la storia dell’alleanza e prepara da vicino la rivelazione definitiva di Gesù Cristo: la Legge non è qualcosa che dal di fuori mi costringe ad agire in un certo modo, ma è Qualcuno che dentro di me contribuisce a farmi crescere e maturare. Qualcuno, cioè Gesù Cristo. Infatti, l’alleanza annunciata da Geremia è al futuro («Verranno giorni nei quali concluderò una alleanza nuova»), e troverà compimento solo in Gesù, il chicco di grano che, caduto in terra, muore e produce molto frutto.
Ciascuno di noi oggi è invitato a domandarsi seriamente se la Legge di Dio è un’imposizione che proviene dall’esterno, che avverte come oppressiva, a cui si adegua a fatica e contro voglia, oppure se è una norma che interiorizza sempre più attraverso la trasparenza della fede, la preghiera, la tenacia nel perseguire i traguardi della vita morale, la direzione spirituale, la vita sacramentale. Nel primo caso sono ancora a livello della legge scritta sulle tavole di pietra, mentre Dio ha deciso di scriverla sul mio cuore. C’è un test per capire se sto passando da una percezione della legge come zavorra ad una percezione della legge come salvagente. Se dentro di me continuo a rimuginare sconsolato: «Purtroppo sono cristiano e certe cose non le posso fare o almeno non le dovrei fare…», sono ancora schiavo della legge. Mentre se prevale in me il senso di gratitudine e riesco a dire magari sottovoce: «Ti ringrazio, o Dio, di avermi fatto cristiano, così che possa sperimentare la tua legge come un aiuto ad essere più uomo…», ebbene la legge sta operando in me come un agente di progressiva liberazione.