Facciamo oggi memoria della dedicazione della basilica eretta dall’imperatore Costantino a Roma nel 324 d.C. nell’antico palazzo dei Laterani, sul posto dove prima c’era una caserma dell’esercito di Massenzio: questa chiesa antichissima è la cattedrale di Roma e del mondo (urbis et orbis, «della città e del mondo»), la prima in dignità di tutte le chiese d’Occidente. Essa è dedicata ai Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, ma – a partire dal sec. VII – anche al Santissimo Salvatore.
Perché noi festeggiamo la dedicazione di questa chiesa che sta a Roma? Perché essa è la cattedrale del mondo e non solo di Roma. Cattedrale è quella chiesa in cui c’è la cattedra del vescovo, e, siccome il vescovo di Roma è il papa, il luogo in cui c’è la sua cattedra è un luogo di grande importanza per tutto il mondo. Questa festa, quindi, è un’occasione per farci riflettere sul legame profondo che ogni chiesa cattolica ha con la Chiesa di Roma. Non è una cosa da poco essere cattolici – la parola significa letteralmente «secondo il tutto» e indica la nota dell’universalità – ma avere un centro. Il centro della nostra fede è Gesù Cristo, che è una persona non un’idea, ma, siccome questa nostra fede noi la viviamo sulla terra, c’è un centro anche geografico, c’è un luogo in cui noi possiamo trovare la garanzia del contenuto della nostra fede. Ecco perché la festa odierna della dedicazione della Basilica Lateranense è nostra e non soltanto della diocesi di Roma.
«Dedicazione» è parola con un preciso significato. Nel mondo delle canzonette la dedica ha costituito, soprattutto negli anni scorsi, una mania: dedicare una canzone a qualcuno in una trasmissione radiofonica, ascoltata da tante persone anche estranee, significa rendere manifesta la propria intenzione.
Dedicare una chiesa al Signore è, quindi, un segno visibile di una intenzione ben precisa da parte di alcune persone che credono nel Signore. Una chiesa dedicata dice che ci sono cristiani che vogliono rendere visibile e incontrabile in un luogo ben preciso la loro fede nel Signore Gesù.
Naturalmente questo non vale solo per la Basilica Lateranense, ma per ogni chiesa, anche per la nostra, e quindi la festa odierna è l’occasione per riflettere sul significato che ha l’aver dedicato una chiesa in mezzo alle case della nostra comunità.
Innanzitutto, abbiamo edificato una casa a Dio. La chiesa è la «casa di Dio», anche se Dio è in ogni luogo. Dobbiamo esserne consapevoli, usando sempre un grande rispetto quando veniamo qui e facendo tutto il possibile perché questo luogo sia degna abitazione del Signore dell’universo, che ha scelto di mettere casa in mezzo a noi. Vi sono chiese che sono diventate veri e propri monumenti del passato, a motivo delle opere d’arte che conservano, e che quindi sono spesso visitate come se fossero dei musei. Bisognerà sempre ricordare che ogni chiesa – anche la basilica più riccamente adornata di preziosi capolavori – è innanzitutto la casa di Dio, e l’arte è, semmai, una conseguenza della fede, che non ha saputo trattenersi dal rendere artisticamente bella la dimora terrena del Signore. Le chiese non sono monumenti, ma luoghi vivi.
In questo senso è giusto dire anche che la chiesa è la «casa della comunità»: siccome è quello spazio che permette agli uomini di mettersi in comunione più stretta con Dio, è anche il luogo privilegiato che permette di essere in comunione tra loro in modo più autentico grazie al comune legame con Dio. Non vi è affatto contraddizione tra l’essere la chiesa la casa di Dio e la casa della comunità, a patto di prendere consapevolezza che siamo noi – noi che nel giorno del Signore ci raduniamo in chiesa per celebrare l’Eucaristia – noi siamo la «casa di Dio».
E se comporta fatica costruire una chiesa e mantenerla in ordine, pensate quale fatica comporti l’edificazione della comunità con tutte quelle pietre vive che devono essere continuamente sgrossate, squadrate e levigate perché combacino l’una con l’altra e formino un solido edificio spirituale! Sant’Agostino, con una immagine divenuta famosa, paragona la Chiesa terrena ad un «cantiere», simile a quello che serve ad edificare una basilica, una vera «fabbrica del duomo» sempre aperta e bisognosa di cure finché siamo pellegrini su questa terra.
E’ molto utile sapere che c’è una Chiesa intesa come luogo e che dire di quelli che si dicono “cristiani” quando entrano in chiesa senza fare la genuflessione perchè si vergognano e senza intingere le dita nell’acqua benedetta, per fare il segno della croce?
Guardi Don Agostino che non tutte le chiese rimangono aperte durante il giorno, forse perchè sono sempre deserte? Allora che senso ha avere una Chiesa in un paese quando è aperta solo per il momento della Santa messa e poi basta? Certi Santuari che sono pure i luoghi di Dio, sono trascurati perchè, oltre ad essere gelidi durante l’anno, mancano dell’acqua benedetta per segnarsi, di preghiere dedicate alla Madonna o al Santo a cui è dedicato il Santuario. Come si fa’ a pregare bene nel Santuario o altra Chiesa quando la porta è lasciata aperta e non si può chiudere e quando la gente entra solo per chiacchierare come se niente fosse, come se si trovasse nella sala d’aspetto di un luogo pubblico. La Chiesa è un luogo di culto pubblico, è vero, ma come vengono custodite queste belle dimore che sono state preparate per noi che siamo Chiesa?
Talvolta le chiese sono chiuse proprio per essere custodite! E anche quando sono aperte restano deserte… perché i ritmi della vita scorrono altrove. Ed è anche giusto che sia così. La chiesa è il luogo della celebrazione dell’Eucaristia, ma la vita dell’Eucaristia è fuori della chiesa! Ed è fuori della chiesa che bisogna saper fare quella genuflessione a Cristo presente nell’uomo che è quasi più importante della genuflessione devota che si fa entrando in chiesa.
Ringrazio tutte quelle persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano a Dio nella preghiera e nel silenzio operoso.