Ventunesima Domenica del Tempo Ordinario. Con Gesù… sulla strada.

Già. Chi è Gesù? Chi è Gesù per noi? È una domanda la cui risposta non è affatto scontata, ed è forse per questo che è una domanda che non ci poniamo mai. Domenica scorsa parlavo di una fede allo stato vegetativo. Ebbene, potremmo dire che è addirittura allo stato… fossile, quando si tratta della domanda su Gesù. Tanti di noi devono andare indietro a cercare i ricordi del catechismo dei fanciulli – posto che ce ne sia ancora qualcuno – perché di momenti di formazione cristiana autentica, dopo, ce ne sono stati molto pochi. Nel nostro itinerario catechistico, la prima tappa s’intitola «Prime parole su Dio» ma al centro c’è già la persona di Gesù; la seconda tappa propone proprio la domanda del Vangelo di oggi «Chi è Gesù?». Lasciatemi dire che non è una domanda posta ai bambini, ma prima di tutto ai loro genitori, i quali, però, difficilmente si lasciano interrogare. È una domanda che non li interessa, e volentieri demandano il compito di rispondere ai catechisti, sbuffando se poi devono anche partecipare a uno o due incontri annuali: loro non hanno tempo da perdere, mentre il parroco evidentemente ne ha molto… Risultato: tutto ciò che riguarda Gesù e la fede fatalmente diventa «difficile», complicato e noioso, soprattutto inutile, dentro il quadro delle mille cose da fare e delle mille faccende da sbrigare. Ecco, questo esattamente è lo stato fossile della fede in Gesù. Badate bene, non si tratta solamente di un processo conoscitivo in cui basterebbe apprendere qualche nozione per superare l’esamino, anche se l’ignoranza su ciò che dovrebbe costituire il centro della propria vita è un vero controsenso: se Gesù è il motivo della mia vita e io non so nulla di lui e non avverto alcun desiderio di approfondire la conoscenza della sua persona e del suo messaggio, vuol dire che… Gesù non è il motivo della mia vita. Che cosa significa veramente che io credo in Gesù Cristo? La vecchia analisi logica – che forse a scuola, ahimè, non si fa più – ci aiuta a capire che cosa vuol dire per un cristiano «credere in Gesù». «In Gesù» può essere complemento di «stato in luogo» o complemento di «moto a luogo». La differenza è notevole: il mio credere in Gesù è il raggiungimento di un luogo in cui io sto, quasi per abitudine o per comodità o per tradizione o per inerzia, oppure è il movimento perenne e instancabile per raggiungere la meta della mia vita? Dovremmo rispondere che la fede in Gesù è prima l’uno e poi l’altro: è prima l’aderire ad una persona precisa e poi il continuare a conoscerla e ad approfondire il rapporto con lei; è prima lo stare insieme con Gesù in un rassicurante «stato in luogo», e poi accorgersi, però, che Gesù è sempre oltre una intimità chiusa, e la fede è un cammino continuo, è un perenne «moto a luogo» esposto a dubbi, domande, resistenze, approfondimenti, rivelazioni. Insomma, la fede in Gesù è un tipico rapporto con una persona viva – ed ecco il motivo per cui tutte le risposte della gente che i discepoli danno a Gesù sono sbagliate, perché fanno riferimento a persone morte e sepolte – e una persona viva è in perenne movimento e chiede anche a me di muovermi – ed ecco perché la risposta di Pietro è perfetta, in quanto fa riferimento sì alla persona concreta e storica di Gesù, che è lì davanti ai loro occhi, ma la definisce come «Figlio del Dio vivente», di un Dio soggetto al movimento della vita. Per rispondere alla domanda su «chi è Gesù», dunque, non basta una conoscenza di lui, serve una vita con lui, serve un’appartenenza viva al suo corpo che è la Chiesa. Un po’ come all’amore coniugale serve una condivisione continua della vita per poter dire di conoscere veramente l’altro, altrimenti anche l’amore più bello che ci sia si riduce allo stato fossile. E qui si spiega perché la domanda che troviamo nel Vangelo sulla bocca di Gesù è rivolta alla seconda persona plurale: «Ma voi, chi dite che io sia?». Questa è una dimensione che dobbiamo prendere molto sul serio, in un contesto individualista come è quello del nostro tempo: l’ambito in cui si situa la fede in Gesù è il «noi» che sfugge a quell’odioso privatistico – pantofole e televisione – in cui rischiamo tutti di cadere. Per dare una risposta alla domanda di Gesù dobbiamo necessariamente uscire dalle nostre tane e accettare il rischio di stare, con Lui, sulla strada.

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