Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario. L’altro seminatore…

Domenica scorsa la Parola di Dio ci ha presentato un seminatore sprecone, oggi ci mette a confronto con un padrone del campo paziente. Il seminatore sprecone getta ovunque il seme della Parola e sa che c’è un terreno buono che lo accoglie e lo fa fruttificare. Ma si direbbe che c’è un altro seminatore, il nemico di quello sprecone, a cui non interessa la generosità di inondare anche la strada, anche i sassi e i rovi con la buona semente. A costui, il diavolo – letteralmente: «colui che divide» – preme solo il terreno buono, ma per metterci seme cattivo. Vuole intralciare l’opera del buon seminatore, e lo fa di notte, nelle tenebre, «mentre tutti dormivano». Lo sguardo di Gesù in questa parabola non è più rivolto al gesto del seminatore «sprecone» che spande ovunque il seme, ma alla preoccupazione dei servi che si accorgono che nel campo – la terra buona della parabola di domenica scorsa – non è germinato solo il buon seme, ma anche la zizzania. Si tratta di un’erba cattiva che cresce nei campi di cereali. Nasce spontaneamente, ed è difficilmente distinguibile dal grano fino al momento della formazione della spiga. Ora, nella parabola la zizzania è in quantità eccezionale perché è stata addirittura seminata! Questo spiega prima la preoccupazione dei servi, i quali propongono al padrone di estirpare subito la zizzania prima che, data la sua quantità, pregiudichi il raccolto di frumento. Ci sembrerebbe una proposta saggia e previdente. Invece la risposta del padrone è imprevista: «No, perché non succeda che raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura». Che cosa significano queste parole? Forse che il padrone teme che i suoi servi non siano in grado di distinguere il grano dalla zizzania? No, nel momento della formazione della spiga, la differenza tra la zizzania e il frumento è evidente. Il problema è un altro: le due piante sono cresciute così vicine l’una all’altra che le loro radici si sono talmente intrecciate da rendere impossibile l’operazione di sradicare la zizzania senza strappare anche il frumento. Il problema non è l’identificazione delle spighe, ma la commistione che ormai si è creata a livello di radici. È necessario aspettare la mietitura e solo allora si potrà eliminare la zizzania senza correre il rischio di perdere anche il grano. Che cosa vuole insegnarci Gesù? Vuole aiutarci ad affrontare il problema del bene e del male.

  • Non è vero che bene e male sono concetti da superare in nome della piena realizzazione della nostra libertà. È vero, invece, che esiste il bene ed esiste il male, così come nel campo c’è il grano e c’è la zizzania: bisogna imparare a chiamare le cose con il loro nome, il bene è bene e il male è male, questo è bene, questo è male. Tutte le false morali che vogliono portare l’uomo al di là del bene e del male, lo riducono ad animale che agisce in forza dell’istinto.
  • Se è vero che il male è identificabile, non è, però, facilmente estirpabile, perché la sua commistione con il bene è a livello delle radici e non della spiga. La tentazione di mietere subito la zizzania è forte, ma non è questo il nostro compito. Anche perché rischieremmo di individuare ed estirpare il male negli altri, fuori di noi, laddove ci sembra di distinguerlo meglio…
  • Ma è proprio necessaria questa mescolanza del bene e del male? Sembra che sia un fatto inevitabile finché siamo nel campo del mondo. I cristiani non sono una comunità di separati che vivono fuori dal mondo, preservati dal male. Su questa terra siamo spighe di grano a stretto contatto con la zizzania. Come cristiani, siamo chiamati a combattere la nostra «battaglia del grano», consapevoli che non siamo affatto esenti dai rischi della commistione con il male.
  • C’è una certezza, sin d’ora: Dio ci assicura che la mietitura finale porrà fine per sempre a questa mescolanza. Cioè: il campo è soggetto a tante contaminazioni e la fede deve accettare di misurarsi con esse, ma alla fine ci sarà frumento da raccogliere e zizzania da bruciare. Il Regno di Dio – è il significato della seconda parabola raccontata da Gesù – potrà sembrare un seme piccolo e poco appariscente, ma c’è, e alla fine sarà in grado di riempire il granaio.
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