La pagina evangelica del seminatore regala una certezza capace di dare fiducia: il seminatore della Parola è uno sprecone, uno di quelli che butta il seme ovunque, accettando il rischio che qualche piantina resti bruciata dal sole o soffocata dai rovi e addirittura che una parte del seme finisca in bocca agli uccelli. Ovunque, in una larghezza del gesto seminativo, quasi ad essere certo che il seme non manchi nel campo, nemmeno laddove esso confina con la strada. Se non c’è raccolto, la colpa non può essere del seminatore… Nella parabola Gesù dipinge davanti a noi tre categorie di cristiani che hanno rinunciato a comprendere e a far fruttificare la Parola. Ci sono i cristiani della strada. Sono i battezzati che hanno messo a riposo il cuore cristiano e si sono convinti che il cristianesimo è «una stampella per i deboli», uno strumento inadeguato per questo nostro tempo. Esser cristiani è un impaccio insopportabile per chi vuol fare carriera: «non far questo, non far quello, sii umile, sii prudente, sii casto…». Cose adatte ai subalterni! Ci vuol ben altro: muscoli, fascino, soldi, intelligenza, spregiudicatezza… A Messa? Ci si può anche andare, qualche volta, nelle occasioni “in”, quando il cerimoniale lo richiede, ma è chiaro che anche in quelle rare presenze la Parola di Dio non penetra nell’intimo e scivola via. Dice Gesù: il cuore è vuoto, perché il seme è stato rubato dal maligno. Poi ci sono i cristiani dei sassi. Sono i battezzati dal cuore spalancato, sempre aperti ad ogni novità, ma allergici alle radici. Guai! Le radici sono pericolose, perché impediscono il movimento, e nel mondo d’oggi se non insegui la moda e non sei più che veloce a saltare da una zattera all’altra, sei destinato al naufragio. Cristianamente parlando, questi superficiali – nella cui casa non manca il quadro della Madonna e la Bibbia fa bella mostra nella libreria – sono capaci di commuoversi il giorno della prima comunione del figlio, ma guai a proporre loro un impegno duraturo che cerchi di trasformare la commozione in responsabilità. Non ne vogliono sapere… vogliono sentirsi liberi… Infine, ecco i cristiani dei rovi. Sono i battezzati che hanno deciso, ad un certo punto della vita, che vi sono cose più importanti che non la fede ereditata in famiglia e vissuta da ragazzi in parrocchia. È gente che ha fatto i soldi, e che dalla ricchezza – che in sé non è diabolica – si è fatta soffocare sino al punto di esserne schiava. È gente che magari i soldi li vorrebbe fare, ma per cui l’esteriorità – ciò che gli altri vedono di te, ciò che gli altri misurano della tua vita – è tutto, e, si sa, la preoccupazione per la vita esteriore assorbe tempo, tanto tempo, tutto il tempo… e allora non ce n’è più per la vita interiore. La fede manca di ossigeno, la preghiera è saltuaria, i frutti cristiani non si vedono. Esiste questo cristianesimo rinunciatario e asfittico? Sì, esiste. E la sensazione di farne parte è forte. Ecco, allora, la domanda: ma dove sta il terreno buono, quello che ascolta la Parola e la comprende e dà frutto? È il terreno che sta pochi metri oltre la strada, vicino ai sassi, attanagliato dai rovi. È il terreno che ha saputo, però, evitare di essere strada, che ha lasciato spazio alle radici, che ha estirpato i rovi. È il cristiano che ha fatto i conti con le tentazioni, le preoccupazioni, le paure, che hanno tutti gli uomini; è il cristiano che qualche giorno è stato abitato dal maligno, altre volte ha avvertito d’essere incostante, altre volte ancora si è sentito soffocato da mille cose ed è giunto a sera svuotato e infruttuoso. Verrebbe da dire: terreno buono non si nasce, ma si diventa, oppure si torna ad esserlo, proprio in forza di quel seme che il Signore getta anche sulla strada e tra i sassi e tra i rovi e che, se tu ti trovi lì, ti fa sentire la nostalgia di stare altrove, sulla terra fertile, buona ed accogliente. È sempre possibile diventare o tornare ad essere terreno buono. Ma quel seme bisogna riceverlo. Dobbiamo, cioè, trovarci nel raggio ampio entro il quale il seminatore generoso getta la semente della Parola. Anche un terreno buono, onesto e pacifico, ma senza seme – uno che si limita a non far del male, ma è impermeabile al bene – non produce nulla. È un rischio anche questo. E oggi non è il meno comune.
E’ stupendo quello che ha voluto dirci. Io sono contornata da persone di varie estrazioni sociali che mi dicono:” Guarda! Io non faccio niente e non do fastidio a nessuno, vado in chiesa, e torno a casa mia”. La nostra società ha bisogno soprattutto dei cristiani umili e non ci si deve vergognare, anzi si dovrebbero vergognare quelli che spadroneggiano sui cristiani umili. Bisogna però scegliere bene dove andare ad ascoltare la Parola di Dio perchè le chiese non sono tutte uguali: se si è ben guidati allora, prima o poi, il seme porta frutto! Mi creda.
I cristiani dei sassi non hanno colpa perchè dipende da come sono stati educati da piccoli e mi creda che non è facile modificarsi specialmente se ci si accorge all’età di 59 anni. Questa situazione è diffusa perchè s’incontrano,” nel cammin di nostra vita “, dei sacerdoti mercenari che pensano solo alla loro parrocchia e non al bene o al futuro del frequentatore della parrocchia. Non si possono mettere le radici solo perchè si sente cantare esempio”dov’è carità e amore, qui c’è Dio” specialmente dove regnano i pettegolezzi, le etichette, le cattiverie, le ingiustizie, l’invidia. Anche questo può essere un’intenzione di preghiera per le Comunità.
Sono d’accordissimo con te Cristina. Siamo “pecore” e come tali abbiamo bisogno oltre che del BUON PASTORE anche del pastore buono (e capace!) a cui siamo affidati in questa vita terrena. Fa davvero la differenza!!! Aggiungerei purtroppo la presenza di sacerdoti menefreghisti o peggio ancora di quelli che non “sporcandosi mai le mani” tutto tollerano, tutto giustificano e a tutti dicono di sì per aumentare il loro indice di gradimento. Ahimè come sono messi in cattiva luce quei bravi parroci che oltre a far rispettare le indicazioni del magistero della chiesa annunciano il Vangelo senza annacquarlo ………
Scusate lo sfogo ma ho tanto “prurito” addosso!!!
grazie don Agostino ancora una volta per questa preziosa riflessione!! “una fans”