Le letture in questa domenica sono ricche di insegnamenti che hanno al centro la famiglia ed i rapporti tra i membri che la compongono. Siamo soliti lamentarci che il nostro mondo ha marginalizzato la famiglia e oggi si cerca, anche e soprattutto sul piano legislativo, di equipararla ad ogni tipo di unione affettiva. Ma, in questa festa natalizia, dobbiamo domandarci come la viviamo noi, che ancora crediamo nella famiglia come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio. Come intessiamo i rapporti dentro la nostra famiglia? Come la santifichiamo nella trama della vita quotidiana?
Ebbene, Giuseppe ci insegna un primo rapporto indispensabile, quello con Dio. Lo si lascia entrare nelle nostre case, oppure è una variabile della vita che, di fatto, si trova solo in chiesa? Questo Giuseppe è un tipo che ascolta il Signore ed esegue fedelmente quanto egli chiede. Ora, per ascoltare, bisogna spegnere la musica di sottofondo, bisogna creare il giusto clima di attenzione. Ascoltare è arte di intelligenza sopraffina, che richiede in un certo senso… il sonno. È il sonno della nostra pretesa autonomia. Noi crediamo di essere capaci di tutto, e, senza volerlo, togliamo spazio proprio all’onnipotenza di Dio, il quale, invece, è sempre molto rispettoso della nostra libertà: se noi teniamo chiusa la porta, egli non si sogna certo di sfondarla. Quindi, è la nostra onnipotenza che deve annullarsi, se vogliamo che Dio parli e che noi siamo in grado di ascoltarlo. Si dice che il nostro mondo è un mondo frenetico, in cui si dorme poco, perché si ha sempre qualcosa da fare: è vero e, con un pizzico di ironia, possiamo dire che manca anche questo sonno salutare dell’uomo che permette a Dio finalmente di parlare e di essere ascoltato. Naturalmente Giuseppe non si limita ad udire le parole del Signore, ma obbedisce. Obbedire è proprio l’esercizio dell’arte dell’ascoltare, è un udire, stando dinanzi a Dio. Nell’obbedire è esaltata proprio la libertà dell’uomo. C’è da domandarsi, dunque, se nelle nostre famiglie si ascolta Dio e si obbedisce alla sua Parola…
Un secondo rapporto ci viene illustrato da san Paolo. Egli sembra voler ridurre tutte le trame familiari alla carità che deve circolare tra i suoi membri. Tra le mura domestiche si perde sempre troppo tempo a sottolineare i puntigli e le pretese dell’uno sull’altro, ad accampare i propri diritti, e si smarrisce la via sovrana della misericordia. San Paolo la chiama con nomi diversi, che sono altrettante disposizioni di attenzione – vorrei quasi dire di decentramento – che ognuno deve avere nei confronti dell’altro, il marito per la moglie, la moglie per il marito, i figli con i genitori ed i genitori con i figli. Egli parla di tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine e non si tratta di parole vuote, ma di atteggiamenti concreti. Per capirlo basta nominare i contrari, e ci accorgiamo di come essi trovino, purtroppo, albergo nelle nostre famiglie. Il contrario della tenerezza è la durezza, quella asprezza un po’ abitudinaria che caratterizza i rapporti in famiglia: si dà tutto per scontato, come fosse dovuto, e ci si dimentica di dire “grazie”, di dare una carezza, un bacio, di esprimere visibilmente la propria gratitudine. Il contrario della bontà è la cattiveria, quella malignità serpeggiante con cui spesso anche in casa si sottolineano i difetti o le mancanze dell’altro, mettendole in mostra, quasi a volersi rivalere; la mentalità del nostro tempo ci ha portati a considerare la bontà come una qualità per perdenti, mentre invece l’essere buoni è una garanzia di amore anche quando non viene compresa o non raggiunge lo scopo prefissato. Il contrario dell’umiltà è la superbia, quella presunzione di essere sempre il primo, il più bravo, il più perfetto. Il contrario della mansuetudine è la prepotenza, quell’arroganza con cui si pretende di avere sempre ragione, di avere sempre l’ultima parola. Ora, basta che siano in due a volere questo, per garantire guerra continua in casa, mentre l’umiltà e la mansuetudine potranno qualche volta mettere in ombra la ragione che uno ha, ma regalano comunque un clima di serenità, così utile nella vita di una famiglia. Quelle che ci suggerisce san Paolo, dunque, sono poche regole che diventano feconde proprio per far regnare la pace di Cristo nei nostri cuori, dentro il corpo della famiglia.