Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario. Desiderio, compito, sacrificio…

La prima sensazione che abbiamo dopo aver ascoltato le parole di Gesù è che egli sia infastidito dalla folla numerosa che andava con lui, che dubiti della sincerità di quel seguire. Non è infastidito, ma vuole mettere le cose in chiaro. Si spiegano bene, allora, le due parabole, che sembrano fuori tema rispetto alle parole di Gesù: «Bada che devi rinunciare a tutti i tuoi averi per essere mio discepolo, bada che devi amarmi di più di quanto ami le persone della tua famiglia, di quanto ami la tua stessa vita!». Le due parabole – quella della torre e quella della guerra – descrivono un percorso che è poi quello della vita umana. All’inizio sta il desiderio, con la volontà di raggiungere uno scopo: guai se la vita dovesse perdere l’energia di questa molla del desiderio e ridursi ad una traiettoria piatta… Il desiderio, però, diventa vero e pienamente umano solo se sfocia in un compito, parola che dice riferimento sia al computare, al calcolare, sia al completare, al portare a compimento: i desideri della vita debbono trasformarsi in compiti, ed è qui che le due parabole di Gesù invitano proprio a calcolare per portare a compimento l’impresa. Ora, ogni compito che cerca di realizzare un desiderio comporta un sacrificio, domanda una o più rinunce: del resto la dinamica stessa della scelta fa sì che io mi decida per qualcosa e automaticamente ne tagli un’altra (decidere significa proprio operare un taglio), e solo una visione distorta e disumana della libertà – oggi assai diffusa – offre l’illusione che si può avere tutto senza rinunciare a niente. Quindi: ogni desiderio umano diventa vero se sfocia in un compito, ed ogni compito nasconde un sacrificio. Si potrebbe dire tutto questo con una parola? Certamente. Questa traiettoria descrive il percorso dell’amore, che è proprio un desiderio che si incanala dentro un compito e conduce alla felicità solo attraverso un sacrificio. Gesù sta parlando a coloro che hanno deciso di seguirlo in una speciale consacrazione che domanda la rinuncia ad una propria famiglia? Sta parlando ai preti e alle suore? Questa è l’interpretazione più comune di queste parole di Gesù, ma è la più sbagliata. Gesù sta parlando ad una folla numerosa ed è da presumere che tra i molti che andavano con lui ci fossero tantissime persone sposate. E poi Gesù, nell’elenco delle persone che non devono essere amate più di lui, mette la moglie e i figli. Quindi, è ovvio che queste parole riguardano tutti quegli uomini e quelle donne che hanno saputo creare legami affettivi nella loro vita, anche e soprattutto nel matrimonio. E più questi legami sono significativi e forti, più è dura la croce da portare se si vuole essere discepoli di Gesù, perché il compito dell’andare con lui domanda un sacrificio più grande. Verrebbe da pensare che una persona insensibile e che dovesse vivere libera da legami affettivi con padre, madre, fratelli, sorelle, moglie e figli, sarebbe nelle condizioni ideali per andare con Gesù. Ma, posto che esista una simile persona, ci sarebbe un problema insormontabile: non avvertirebbe alcun desiderio di stare nemmeno con Gesù! Per seguire Gesù e amarlo più di quanto si amino le persone della propria famiglia, bisogna essere uomini e donne che desiderano, che amano, che sanno stringere legami forti. Per amare di più Gesù, bisogna saper amare il padre, la madre, i fratelli, le sorelle, la moglie, i figli. Il discepolo di Gesù non è un tronco rinsecchito che butta un germoglio solo sul ramo di Gesù, ma è un albero rigoglioso che ha germogli ovunque perché ha saputo dare un ordine alla sua linfa d’amore.

Questo significa che scegliere Gesù non mette al riparo da ogni bisogno in una sorta di appagamento totale, non fa venir meno ogni altro affetto e non brucia affatto le potenzialità affettive. Anzi, le amplifica. Gli affetti legano il cuore e non possono – non devono – essere annullati. Il discepolo è un uomo dal cuore pieno, dal cuore palpitante, dal motore acceso ma non ingolfato. La croce non consiste nello spegnere il cuore, ma nel mettere in ordine gli affetti che lo affollano. Gesù vuole essere l’unico attraverso il quale tutto possa prendere luce. Non abbaglia, illumina. Ma per farlo, ha bisogno che tu prenda la decisione di mettere Lui sul lucerniere, perché Egli faccia luce in tutta la casa e dia il giusto valore a tutti gli affetti.

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