L’interpretazione più diffusa di questa pagina evangelica conduce normalmente ad un bivio: Marta rappresenta la vita attiva, la via del fare; Maria la vita contemplativa, la via del pensare. L’errore sta nel credere che si debba decidere se stare dalla parte di Marta o dalla parte di Maria, come se la vita fosse o tutta pensiero o tutta azione. Tra l’altro, Gesù sembra aver preferito Maria, affermando che la sua è la parte migliore… ma intanto, però, è seduto a godere della mensa che Marta ha preparato. Ebbene, dobbiamo dimenticarci questa interpretazione, perché Gesù non vuole affatto dividere i suoi discepoli in due parti per poi sceglierne una. Non avrebbe alcun senso.
Intanto, contempliamo noi questo Gesù che è venuto a manifestarci il volto di Dio. Dopo la giornata in città nel “lavoro” della predicazione, Gesù si sobbarca la fatica di un viaggio invece di restare a Gerusalemme per la notte: prima giù lungo la fresca valle del Cedron e poi su lungo l’erta del monte degli Ulivi, e ancora giù sino a Betania, dove c’è la casa di Lazzaro, di Marta e di Maria. Dio è stanco, ma non tanto da evitare quel dolce tragitto che lo porta nella casa degli amici. Lì soltanto egli si riposa. Anche il Figlio di Dio, alla fine di una giornata, sente il richiamo forte dell’amicizia e della convivialità. Il Dio venuto per accogliere è, alla sera della sua intensa giornata, un uomo che ha bisogno di essere accolto. Ha bisogno del calore di una casa, delle braccia di Marta che preparano un pasto, del volto di Maria che ai suoi piedi è disposta ad ascoltarlo. Da questo quadretto dobbiamo necessariamente partire se vogliamo capire le parole di Gesù dette a Marta e a Maria. Perché nella casa di Betania, dove si rifugiano Gesù con i suoi discepoli, è raffigurata la Chiesa, le cui due dimensioni sono incarnate in due donne, due sorelle, Marta e Maria. Non l’una contrapposta all’altra, ma l’una insieme all’altra, perché l’una non può esistere senza l’altra. Il fare ed il pensare, insieme. Anzi, Gesù vuole dire che se la dimensione incarnata da Maria – la sorella seduta ai piedi di Gesù ad ascoltarlo – non precede, anche il fare incarnato da Marta – la sorella affaccendata nel servizio – rischia di essere solo un affanno. Capita così anche a noi: mentre siamo nell’affanno del «fare», stiamo bene perché il «fare» ha l’effetto di produrre una sorta di stordimento, che non ci fa pensare. Un effetto deleterio, perché non aiuta a costruire uomini e donne consapevoli. Gesù vuole invitarci a fermare il ritmo del «fare» per metterci in ascolto della sua Parola, così da essere essenziali nell’azione. Quanti fronzoli inutili ci sono anche nel nostro agire da cristiani! Se ci fermassimo di più ai piedi di Gesù, sapremmo purificare la nostra azione, riducendola a quello che veramente conta. Che non ci accada di comunicare il Vangelo come un bellissimo pacco confezionato a regola d’arte che, una volta aperto, non contiene nulla… Maria, seduta ai piedi di Gesù, stava riempiendo quel pacco dell’essenziale, mentre Marta lo stava confezionando, ma senza il “lavoro” di Maria, il “lavoro” di Marta rischia di confezionare il nulla. Potremmo dire che Marta e Maria rappresentano due esigenze essenziali nella vita di un cristiano, ma che la parte migliore è quella di Maria, che deve guidare il lavoro di Marta per evitare che il suo fare sia solo un affanno.
Neri giorni dei Campi estivi appena conclusi abbiamo toccato con mano questa verità, che io ho spesso ricordato. Non abbiamo solo fatto tante cose belle: mangiare, giocare, camminare. Abbiamo cercato di dare un’anima a questo fare. E abbiamo cercato di trovare il tempo per ascoltare la parola di Gesù, e per pensare a quanto facevamo. Abbiamo camminato, non per il gusto della fatica ma aperti allo stupore per la bellezza dei luoghi. Abbiamo giocato, non solo per divertirci e passare il tempo ma cercando di pensare alla gioia dello stare insieme. Abbiamo messo nella preghiera e nella celebrazione della Messa il senso delle nostre giornate. Sembra che la parte di Marta sia stata preponderante, eppure anche ai nostri Campi la parte migliore è stata quella di Maria, e chi non l’ha vissuta, ha incamerato solo stanchezza. Spero che tanti abbiano potuto godere della sovrabbondanza, anzi dello spreco dei segni della bontà del Signore in queste due settimane.