Il racconto evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci si svolge su tre livelli tra loro complementari: Gesù, la folla, i Dodici. Gesù è il protagonista: parla, guarisce, ordina, benedice, distribuisce. La folla è la destinataria di tutte queste azioni di Gesù che la beneficano con la parola, le cure ed anche il cibo. I Dodici sono i mediatori di tutta questa grazia: attraverso di loro le parole di Gesù arrivano alla folla, e non solo le parole ma anche i pani e i pesci. Ma sono pure i continuatori del miracolo, che è un gesto aperto, che continua: la missione dei Dodici è come racchiusa in quelle ceste, dodici anch’esse, una per ciascuno di loro, che rimangono sulla scena a suggellare un prodigio e ad inaugurare un compito nuovo. I pezzi avanzati del miracolo lasciano aperta l’esortazione che Gesù aveva già rivolto ai Dodici, tutti preoccupati di come sfamare una folla così numerosa: «Voi stessi date loro da mangiare». Gesù compie un gesto prodigioso che però, nonostante l’abbondanza, contempla un avanzo: «Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste».
Proviamo a svolgere questo gesto, per cercare di impararlo, perché noi che siano qui a celebrare l’Eucaristia siamo precisamente, nella storia che ci è stata raccontata, al livello dei Dodici, quelli che devono imparare a ricompiere quel gesto per dare essi stessi da mangiare alla folla. Il primo movimento i Dodici lo sanno fare, quasi istintivamente: si preoccupano dei problemi di chi sta loro intorno, hanno a cuore che la gente possa trovare cibo e alloggio per sfamarsi e riposare. Però, a questa loro preoccupazione aggiungono anche la propensione a disfarsi della folla, a metterla in condizione di risolversi i problemi da soli, ciascuno per sé. La loro è una comprensione che tende ad allontanare, a delegare: si preoccupano, ma non mettendosi in gioco in prima persona. I Dodici vogliono semplicemente creare le condizioni affinché ciascuno risolva per sé i propri problemi. Quello dei Dodici assomiglia un poco al nostro atteggiamento assistenziale che vede di buon occhio che ciascuno sia messo nelle condizioni di migliorare il proprio stato di vita: basta che io non debba sporcarmi le mani, basta che io non debba rimetterci… Gesù non approva la logica del congedo e rimanda la palla ai Dodici, direttamente: «Voi stessi date loro da mangiare». Ed ecco allora il secondo movimento: mettere in campo il poco che si ha, cominciare a rischiare qualcosa di proprio anche se insufficiente. I Dodici richiamano Gesù ad un apparente realismo: noi abbiamo qualcosa che basta a malapena per noi, e, se vogliamo davvero risolvere il problema di tutta questa gente, dobbiamo spendere molti soldi! Questo realismo a noi piace molto, perché è l’anticamera dell’immobilismo: siccome le nostre risorse non ce lo permettono, a malincuore dobbiamo rinunciare ad agire in prima persona. Gesù ancora una volta corregge: il nostro poco, donato e messo in campo senza calcolo, è essenziale, è tutto e, vedrete, ne avanzerà addirittura! Il terzo movimento legge la dinamica del miracolo nella mediazione dei discepoli: Gesù resta come sullo sfondo, perché egli benedice e spezza i pani, ma poi tocca ai discepoli distribuirli alla folla. Quella gente si sente accolta nel suo bisogno, è fatta sedere e riceve il cibo dalle mani, non di Gesù ma dei Dodici: sono essi a sfamare, sono essi a porgere il pane, sono essi stessi – come voleva Gesù – a dare loro da mangiare. Il protagonismo di Gesù, quindi, sta nell’ombra di un gesto che la folla non vede nemmeno: la folla vede solo i volti dei discepoli di Gesù che porgono un cibo. Qui sta il senso profondo della solennità odierna, il Corpus Domini: l’Eucaristia è davvero il gesto con cui il nostro poco è messo nelle mani del Signore Gesù, che ce lo ritorna come cibo spezzato da distribuire agli uomini e alle donne. Qui attorno all’altare si compie un miracolo che s’affida tutto al nostro andare, al nostro condividere. La gente vedrà Gesù solo se noi sapremo essere il corpo vivente nella storia che continua a renderlo presente. Questo versante sociale dell’Eucaristia – la Chiesa nel mondo – rimane racchiuso nel simbolo delle dodici ceste di pezzi avanzati rimaste sulla scena. La scena non è più quella del Vangelo, però, è la nostra.