Tutti gli anni, quando arriva la festa della Trinità, siamo tentati di accettarla come la celebrazione di un mistero inestricabile, che, siccome non si può spiegare, bisogna accettare a scatola chiusa. È esattamente il contrario: la Trinità è lo svelamento del mistero di Dio, e, siccome ci è stato mostrato, non dobbiamo più cercare di spiegarlo. La Trinità è l’unico Dio che Gesù ci ha mostrato come Padre e che lo Spirito continua a rendere vicino a noi. La Trinità è un Dio, Amore di Persone, che continua ad essere rivolto verso gli uomini.
Abbiamo celebrato ieri la prima Confessione di sette ragazzi della nostra comunità: il sacramento della Penitenza o Riconciliazione è un evento della Trinità, è un’esplosione dell’amore di Dio dentro le nostre vite umane. Ai ragazzi ho raccontato una breve storiella che ora racconto anche a voi. Essa fa riferimento ad una parabola di Gesù, che vuole proprio mostrare il volto vero di Dio: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,4-7). La storiella dice così: «Un giorno una pecorella trovò un buco nel recinto. Curiosa, vi passò, pensando di essere finalmente libera. Saltava felice per i campi, i prati, i boschi, senza più limiti o costrizioni… All’improvviso, però, si vide inseguita da un lupo. Corse senza fiato e col cuore in gola, quando, ormai spacciata, si sentì sollevata in braccio dal pastore che con ansia l’aveva cercata e, commosso, l’aveva ritrovata, portata in salvo. E nonostante molti consigliassero di farlo, il pastore non riparò il buco nel recinto». È una storiella, ma è anche il riassunto di tutta la storia. Ora, sulla scena della storia vi sono tre personaggi: il pastore, la pecorella, il lupo. Cioè: Dio, l’uomo, il diavolo (sì, non meravigliatevi, c’è anche lui, il male che vuole divorare l’umanità uscita dalle mani di Dio). Quello su cui vorrei riflettere è proprio la figura di Dio, il quale ama donando all’uomo una libertà piena: crea sì un recinto, ma lascia un buco per la fuga; non impedisce affatto alla pecorella di smarrirsi, ma va a cercarla con ansia e la ritrova con commozione. Il peccato non annulla la libertà ed il perdono di Dio non è un castigo fine a se stesso ma un rinnovamento della fiducia e della libertà stessa. Chi sono i «molti» che consigliavano al pastore di riparare il buco del recinto? Sono i sostenitori di un’immagine di Dio, come gendarme del bene e del vero. Forse siamo noi, quando si tratta del peccato degli altri: vorremmo delle soluzioni drastiche e definitive. Invece non c’è amore senza libertà, non c’è perdono senza fiducia.
Ma che cosa centra la Trinità con questa storiella? Il pastore è uno, eppure non fatichiamo a vedere in lui come tre persone, tre azioni, tre tempi. C’è il pastore-Padre che costruisce un recinto per le sue pecore ed esso è come l’aiuto che egli vuole dare alla loro libertà: i recinti non servono a togliere libertà, ma a renderla responsabile e autentica; il recinto è lo strumento dell’amore, un po’ come il grembo materno è l’alveo della vita. C’è, poi, il pastore-Figlio che va a cercare nel mondo la pecorella che si è smarrita, perché ha creduto che uscire dal recinto del Padre significasse essere libera: Gesù è l’antagonista del male, del diavolo che vuole impadronirsi dell’uomo, facendogli credere di salvaguardare la sua libertà fuori dal recinto di Dio. Gesù, il Figlio, partecipa sino in fondo della natura umana, si caccia negli stessi sentieri dell’uomo fuggitivo, ne condivide l’ansia sino alla fine. Gesù, il Figlio, ritrova l’uomo e lo riconduce amorevolmente al Padre. E c’è, infine, il pastore-Spirito Santo, adombrato nella storiella dalla sconvolgente decisione di non riparare il buco del recinto: la salvezza portata da Gesù non significa costrizione, anzi lo Spirito è la quintessenza della libertà, che continua a dipanarsi dentro una storia lunga quanto il mondo, in cui le fughe e i ritrovamenti sono all’ordine del giorno. Che bello essere le pecorelle di questo Dio Trinità!