Quindicesima Domenica del tempo ordinario. Il mandato missionario…

Il profeta Amos dava evidentemente fastidio. Cercano di allontanarlo. La sua risposta è di una semplicità disarmante. Egli ricorda al sacerdote Amasia che egli non è lì per una sua decisione ma per una missione affidatagli da Dio. Amos di mestiere fa il pastore, ma Dio lo ha mandato a profetizzare! Come a dire: se fossi venuto di testa mia, tu che sei sacerdote in questo luogo sacro avevi il diritto di mandarmi mia; ma è Dio che mi ha mandato qui, e quindi tu non puoi andare contro una decisione divina! La precisazione di Amos non è di poco conto.

Quando uno si muove di sua spontanea iniziativa, lo fa per seguire una sua idea, un suo progetto. Il protagonista è lui, quello che dice e quello che fa sono frutto della sua intraprendenza, ed è fiero di tale libertà. Non è la stessa cosa quando uno è mandato. La decisione di andare non è sua, ma di chi l’ha mandato. Il progetto non è farina del suo sacco, ma è stato tracciato da colui che lo manda. Insomma: egli svolge un compito che è stato progettato da un altro.

Quest’ultima situazione è quella che si trovano a vivere gli Apostoli: non vanno di testa loro, ma sono mandati da Gesù. E questa è anche la nostra condizione di cristiani: scelti da Dio e da Lui mandati. Il cristianesimo, infatti, non è il frutto della nostra intraprendenza; non è il parto della nostra intelligenza e nemmeno della nostra forza di volontà. Il cristiano non è uno che va, uno che decide di andare, ma uno che è mandato.

Intanto non è mandato da solo: «Prese a mandarli a due a due». Non è solo questione di farsi compagnia. Si è mandati a due a due per spegnere sul nascere ogni forma di protagonismo, del tipo: «come sono bravo; che successo ho avuto…»; oppure per risollevare da inutili delusioni del tipo: «che fallimento la mia azione, ho lavorato invano…». Mandati in due per far capire che deve passare esclusivamente un terzo, che è il Signore, Colui che manda.

Poi, i missionari non devono avere nulla di superfluo: per il viaggio sono sufficienti i sandali, una tunica e il bastone. Il resto è di troppo! La povertà che Gesù ha in mente per i suoi missionari non è sinonimo di indigenza, tanto è vero che lascia loro bastone e sandali, cioè vuole che la missione sia svolta con i mezzi adeguati per la sua epoca. Il non prendere nulla per il viaggio – pane, bisaccia, denaro – significa che il missionario cristiano deve essere agile, leggero, disponibile, libero da troppi bagagli che lo renderebbero troppo sicuro di sé e facile a sedersi nelle comodità trovate lungo la strada. La povertà di cui parla Gesù non è l’assenza di mezzi per vivere e per evangelizzare. È, invece, la piena fiducia in Dio: è Lui il progettista, non io, e se nella bisaccia ci sono troppe cose, rischio di riporre in esse la mia fiducia e non in Dio! Insomma, la missione deve essere povera perché non deve perdere di vista l’essenziale, che è l’annuncio del vangelo di Gesù.

La povertà della missione cristiana ha un altro aspetto: ai missionari mandati da Gesù non è assicurato in partenza il successo. Gesù stesso anticipa la concreta possibilità che i Dodici non siano accolti e ascoltati: il rifiuto fa parte del contratto ed è la forma di povertà della missione cristiana più difficile da accettare. Ora, quando uno è andato di testa sua per un progetto suo, di fronte al rifiuto è tentato di insistere, di intestardirsi. Gesù, invece, mandando i suoi, li invita, di fronte al possibile rifiuto, ad andarsene e a scuotere la polvere di sotto ai piedi. È un gesto di fede nella forza della parola di Dio, che giudica anche attraverso l’andarsene del missionario. Certo, andarsene non equivale a non essere più missionario, ma solo ad esserlo altrove…e in altro modo. In un certo senso, la povertà dell’andarsene dal luogo in cui si è stati rifiutati mette ancor di più in evidenza qual è la ricchezza che il missionario porta: la Parola di Dio, che non accetta mezze misure, e domanda l’evangelico «sì sì, no no».

È opportuno che ciascuno di noi faccia un esame di coscienza. Guardi il ruolo che Dio gli ha affidato nella vita – marito, moglie; padre, madre; figlio, genitore; sposato, consacrato – e veda se sta svolgendo correttamente il suo mandato missionario.

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