Nel suo messaggio per la Quaresima di quest’anno, Benedetto XVI richiama quella che egli stesso definisce «un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio», cioè la correzione fraterna. Scrive il Papa: «Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli». Come mai? Bisogna forse risalire all’esortazione apostolica Paterna cum benevolentia di Paolo VI (1974) per trovare una catechesi attenta a questa dimensione. Mi pare di individuare due piani di scivolamento, che hanno portato a questo smarrimento della carità spirituale, che ha fatto sì che le stesse opere di misericordia spirituale siano avvertite come parte di un armamentario in disuso.
Il primo è di ordine antropologico: il dualismo anima-corpo (tanto combattuto, non senza ragione) si è disciolto in un corporalismo esasperato (che è ancora più pericoloso del materialismo), per cui al corpo si contrappone solo il mondo delle emozioni e non quello dello spirito. Sant’Agostino in un testo del 389, tratto dal “De moribus ecclesiae catholicae” (che risale al periodo immediatamente successivo alla sua conversione) – I,27,52-28,56 (da me studiato in un breve articolo di qualche anno fa) presenta un dualismo per così dire “buono”, perché sotto la classica distinzione tra anima e corpo si avverte una profonda unità di fondo della persona e l’esigenza che l’amore verso il corpo (la medicina) sfoci nell’amore verso l’anima (disciplina) e si intersechi con esso. Ho il sospetto – mi piacerebbe tornare su questo argomento in futuro – che la nostra cultura, nel rifiutare il dualismo, abbia perso per strada lo spirito e non abbia affatto guadagnato il corpo!
Il secondo piano di scivolamento è di ordine sociologico: le opere di misericordia spirituale – ed in particolare la correzione fraterna – suppongono un tessuto comunitario che l’individualismo ha frantumato. Ora, la visione della Chiesa come «corpo» – che, nonostante sia tornata in voga nelle presentazioni magisteriali e nei dibattiti teologici, non ci appartiene su un piano di sentire ecclesiale – è il terreno su cui nasce, ad esempio, il ricco insegnamento che sant’Agostino propone nelle sue opere, e che è stato da me studiato in due volumetti pubblicati nel 1989 e nel 1991 dalle Edizioni Augustinus di Palermo, e precisamente La correzione fraterna in S. Agostino e Ama e fa’ quello che vuoi. I due volumi non sono più reperibili in libreria, in quanto la casa editrice nel frattempo ha cessato di esistere. Io dispongo ancora di copie dei due libri, che possono essere richiesti qui: ago.cle@libero.it. Oppure, puoi acquistarli on-line, su www.ebay.it.
Mi limito a segnalare un quadro sintetico dell’insegnamento agostiniano. Bisogna tener presente che nel grande Padre della Chiesa non troviamo un pensiero sistematico come quello di san Tommaso d’Aquino, in quanto i suoi scritti sono tutti occasionali (ovvero occasionati da lettere, dibattiti, controversie, oppure contenuti in discorsi ed omelie). Ma l’occasionalità degli scritti non comporta una occasionalità del pensiero, che, invece, troviamo già essenzialmente formato già negli anni in cui Agostino è presbitero, tra il 391 ed il 395.
Ecco la griglia, che naturalmente nei due libri sopra citati viene approfondita con centinaia di riferimenti ai testi tratti dalle opere di sant’Agostino:
1. il presupposto essenziale della correzione è la carità;
2. il fondamento teologico è dato dalla constatazione che Dio stesso corregge colui che ama: in lui si attua il connubio perfetto di una misericordia severa e di una severità misericordiosa, a cui deve ispirarsi anche la nostra pedagogia;
3. il principio universale è “Ama l’uomo, odia il peccato!“: l’uomo non deve odiare il suo simile a motivo dell’odio che nutre per il peccato, né deve amare il peccato a causa dell’amore che nutre per l’uomo;
4. il fondamento antropologico è l’umiltà, legge essenziale del cristiano: questo significa per Agostino esortare all’autocorrezione e alla disponibilità a ricevere la correzione prima ancora di offrirla;
5. la fecondità della correzione sta nella preghiera, perché, correggendo, l’uomo fa prima di tutto un servizio a Dio: la correzione va accompagnata alla preghiera e, talvolta, si conclude nella preghiera, nella consapevolezza che è Dio a rendere efficace l’agire umano;
6. il dovere della correzione non è un dovere assoluto, ma relativo alla carità e alle situazioni concrete: vi sono motivi che dispensano dall’obbligo della correzione senza rendersi colpevoli di negligenza (l’attesa di un tempo più opportuno, il dubbio ragionevole che l’aiuto non venga accolto, il rischio di provocare scandalo nei deboli, il timore che qualcuno si perda a motivo della correzione);
7. il ruolo dell’autorità è certamente importante, perché l’essere costituiti in autorità comporta un supplemento di responsabilità nei confronti di coloro che ci sono affidati;
8. il campo semantico, ovvero le immagini usate da Agostino per facilitare l’apprendimento del suo insegnamento e per attualizzarlo: sono sostanzialmente tre (la pagliuzza e la trave, il medico che risana, il padre che corregge).