IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Maria ci sta nuovamente davanti, umile e insieme sublime sulla scena dell’incarnazione. Noi parliamo di annunciazione, ma quella parola di annuncio è in realtà già carne. Dicendo «avvenga per me» Maria è madre per opera dello Spirito Santo.
Non per nulla i pittori lo mostreranno come colomba che si dirige all’orecchio di Maria, donna dell’ascolto. Questa scena è dialogo tra una presenza celeste e una creatura terrena. L’angelo arriva e saluta, la donna s’impaurisce ma non fugge. L’angelo propone, la donna domanda. L’angelo risponde – anche se la risposta è avvolta in un mistero difficile da comprendere – e la donna si fida e dà il suo assenso. L’angelo si allontana e la storia della salvezza è rimasta per sempre impigliata nel grembo di quella donna. Niente è più grande, ed insieme niente è più umile di questa scena, in cui l’aspetto più stupefacente non è tanto l’arrivo di un angelo, quanto la risposta di Maria.
Come è possibile trovare una tale prontezza da parte sua, nella disponibilità ad un progetto così inaspettato? A un Dio onnipotente – di quella potenza che noi gli attribuiamo – non si addice il mandare un messaggero a chiedere il permesso per compiere ciò che vuole. Ma soprattutto, per esserci nella storia, Dio ha bisogno di incarnarsi e nascere? Forse che non potrebbe scendere dalle stelle già bello formato, pronto ad agire? Maria è già oltre queste obiezioni, che affollano la mente dell’intellettuale. Maria è già «piena di grazia», ed è questo il mistero che la Chiesa ci invita a contemplare nel cammino dell’Avvento: Maria dice di sì a Dio, perché è già sulla sua lunghezza d’onda.
Per Maria Dio non è un estraneo entrato a casa sua, ma è uno di casa che dimora nel suo cuore («Il Signore è con te», le dice l’angelo). Questa condizione è un privilegio fatto a Maria? Sicuramente sì, ma Maria gestisce questo privilegio non come un lasciapassare per schivare ciò che le viene richiesto, ma come un dono ricevuto per essere a sua volta donato in un guizzo di serena libertà. È proprio uno strano privilegio quello che la rende «la serva del Signore»!
Il mistero nel cammino dell’Avvento, che don Agostino ci invita con chiarezza a contemplare, è l’umiltà di Maria, la “piena di grazia”. Nei due millenni dopo Cristo molti intellettuali e filosofi hanno discusso sulla necessità di Dio di incarnarsi nel grembo di una giovane donna… Maria non è intellettuale e va oltre le questioni che si aggirano nella mente di noi persone del post-moderno. Noi discutiamo continuamente e non ascoltiamo più, come ha fatto Maria: la donna dell’ascolto.
Maria accoglie il messaggio di Dio con docilità perché è eco di una Parola custodita con fedeltà, da vera figlia di Israele: Dio abitava il suo cuore così, con semplicità, ne ha riconosciuto la voce. Noi non riconosciamo ( ascoltiamo) la voce di Dio perché la frequentiamo poco assiduamente e ci sembra estranea alla nostra vita, ai nostri pensieri. Una volta alla settimana e via. Dovremmo mangiarla, masticarla, assaporarla così come ci è stato insegnato fare col cibo di ogni giorno. Dovrebbe – la luminosa Parola – essere il nostro cibo quotidiano. “Dacci oggi ( ogni oggi) il nostro pane quotidiano”. Prendiamolo.
Grazie Anna. A riguardo della Parola scrivi: “Dovremmo mangiarla, masticarla, assaporarla così come ci è stato insegnato fare col cibo di ogni giorno”. Non solo una volta alla settimana, ma nei giorni feriali: nei giorni del dolore e nei giorni della gioia…