TRENTUNESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

«E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo». Lo trovo io il coraggio di fare ancora una domanda a Gesù su una questione così importante. «Come faccio ad amare me stesso, rimanendo aperto all’amore fondamentale per Dio e all’amore del prossimo?».
Caro Gesù, hai toccato il nervo scoperto della vita, da cui dipende tutto il suo equilibrio: bisogna riuscire a mandare in circolo tutto il cuore, tutta l’intelligenza, tutta la passione di cui siamo portatori come uomini, creati a immagine di Dio. Ora, l’amore di se stessi non è narcisismo e non è nemmeno un precario equilibrio raggiunto tra l’autostima e la capacità di entrare in relazione con gli altri senza cadere nei viottoli dell’invidia.
L’amore di se stessi dipende dall’amore di Dio, ma non intendo qui l’amore mio per Dio quanto l’amore di Dio per me. E come si fa a raggiungere la certezza interiore di essere amati in modo unico da Dio, dentro un mondo in cui il disagio e la cattiveria, l’arrivismo e la litigiosità, l’egoismo e l’individualismo sono sempre più diffusi nelle dinamiche con cui gli uomini e le donne del nostro tempo si incontrano o si scontrano? La pratica del «grande comandamento» dipende tutta da questo sapere di essere amato da Qualcuno, che costituisce l’alfa e l’omega della storia universale, ma soprattutto della mia vita. Oggi mi pare che questa consapevolezza sia fortemente in crisi perché questo Qualcuno è come emarginato, ridotto – quando va bene – a Uno a cui dare qualche minuto di preghiera e una Messa settimanale, e il rispetto formale di almeno qualche comandamento.
Il problema dell’uomo di oggi – ma forse è il problema dell’uomo di ogni tempo – è quello di sapersi e sentirsi amato in un mondo in cui le relazioni sembrano essere la somma di tante solitudini autonome e orgogliose. Ecco perché mi pare che il progetto unitario dell’amore proposto da Gesù sia anche una grande ricetta sociale. Se io, con la forza che mi viene dall’amore di Dio, riesco a far sentire amato chi mi vive accanto, innesco una bomba di quotidianità che fa esplodere l’amore che ci portiamo dentro.
L’amore per se stessi nasce dalla consapevolezza di essere amati, ma il dono non è stato dato solo a noi ma è per tutti. E come posso io non amare ciò che è stato amato ( e pagato col sangue, con la vita) da Gesù? Il primo ” comunismo” è questo: riconoscere di essere tutti dei salvati ( Pascal: “Padre, li amo tutti perché tutti sono stati redenti”). La croce è il sigillo della nuova fratellanza.
Il problema dell’uomo nella storia è quello di sentirsi amato in un mondo in cui vi sono solitudini e individualismi. Scrive bene don Agostino:” Ecco perché mi pare che il progetto unitario dell’amore proposto da Gesù sia anche una grande ricetta sociale” . Anche in tempi di distanza forzata dal Covid 19, con la forza che ci viene dall’amore proposto da Gesù possiamo fare sentire amati i nostri familiari e, con l’aiuto delle tecnologie di comunicazione a distanza, trasmettere l’amore che ci portiamo dentro nelle relazioni comunitarie e sociali…