VENTICINQUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

«Insegnava… Essi però non capivano». Allora Gesù aggiunge un gesto alle parole: prende un bambino, lo mette in mezzo e lo abbraccia. Il gesto serve a spiegare le parole che ha appena detto: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
Avranno capito? Noi no, perché abbiamo travisato quel gesto di Gesù, caricandolo di un messaggio di valorizzazione dei bambini che non poteva avere al tempo di Gesù. In quel contesto sociale i bambini non contavano nulla, erano davvero gli ultimi e per questo Gesù può prendere un bambino per significare «l’ultimo di tutti». Al nostro tempo, almeno nel nostro Occidente, la situazione è cambiata: i bambini sono trattati come dei piccoli adulti e rischiano di perdere la loro identità e il ruolo che dovrebbero avere.
Forse Gesù oggi avrebbe scelto un altro simbolo per mostrare l’accoglienza che si deve agli ultimi. Ma qualunque sia il gesto, esso serve a mostrare la parola forte di Gesù sul servizio, sul primo e sull’ultimo. Si badi bene: Gesù non ha nulla in contrario circa il fatto che ogni uomo avverta il bisogno incontenibile di essere il primo. È comprensibile: ognuno desidera realizzarsi come persona. Gesù questo lo accetta, solo cambia il criterio per raggiungere la realizzazione di se stessi, scombussola la scala dei valori.
Dice il senso comune: se vuoi realizzarti, devi emergere, affermarti, sgomitare, se necessario a spese degli altri. Dice Gesù: se vuoi essere davvero il primo, devi umilmente metterti al servizio degli altri, e non asservire gli altri a te. Poco prima aveva usato l’espressione «rinnegare se stessi»: ecco, ora quell’espressione si chiarisce, vuol dire molto semplicemente mettere se stessi dopo gli altri.
Gesù aveva parlato della «croce» da «prendere»: ecco, la croce non è affatto macerarsi in sofferenze e privazioni, ma esercitare il servizio. Prendere la croce non vuol dire che devi andare in cerca di fatiche straordinarie, ma devi metterti a servire dentro quella quotidianità che ti viene data. La croce del cristiano, quella che si prende al seguito di Gesù, è realizzarsi accogliendo l’altro.
Sì, tutto molto vero. Gesù vuole davvero ” il meglio” per ciascuno e paradossalmente questo meglio lo si raggiunge servendo, valorizzando le nostre potenzialità buone. E forse un bambino viziato non è amato per davvero; magari messo al mondo per sbaglio, in situazioni critiche e mutevoli ( le famiglie liquide che tendono a svaporare, allargandosi), sballottati secondo le esigenze degli adulti che spesso offrono modelli disdicevoli. Penso che molte volte siano ancora fra gli ultimi, non materialmente così pieni di cose, ma certo non aiutati a raggiungere il meglio di sé e per sé.
Grazie don Agostino per aver chiarito l’equivoco in cui noi anziani siamo caduti per un catechismo un pò travisato. Gesù non intende, con il gesto di prendere un bambino, valorizzarlo come facciamo oggi, a volte anche esagerando. Gesù prende un bambino, che a quel tempo non contava nulla, per significare «l’ultimo di tutti». Gesù indica il “servizio” sul primo e sull’ultimo; la croce del cristiano è realizzarsi accogliendo nella quotidianità l’”altro” con amore che, come scrive papa Benedetto in “Deus caritas est”, comprende sia eros che agape.