VENTIDUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

Gli antichi greci usavano la parola «ipocrita» per definire l’attore che, magari dietro una maschera, con la voce e con i gesti rappresentava un personaggio diverso da lui. Nei vangeli i farisei sono definiti da Gesù «ipocriti» perché all’esterno rappresentano perfettamente con le parole e i gesti le esigenze della religione, ma il loro cuore è in verità lontano da Dio.
Un’accusa pesante, quella di Gesù, che polemizza aspramente su più fronti. Innanzitutto chiarisce che il comandamento di Dio, che rappresenta l’essenziale, deve essere tenuto distinto dalle tradizioni degli uomini, che invece sono provvisorie. Poi, ed è un insegnamento decisivo, Gesù rifiuta la distinzione tra puro e impuro. Non c’è una sfera sacra e religiosa che è staccata dal mondo, quasi che la vita quotidiana sia un luogo da cui Dio è assente. Anzi, Dio è impastato con la vita e non si trova altrove in un luogo appartato e separato da tutto il resto.
Un certo messaggio religioso, secondo il quale è necessario purificarsi dal mondo per trovare Dio, non è un messaggio cristiano: anzi, Dio è presente nella realtà della storia, nelle persone che incontro, che sono il tramite più bello per incontrarlo. L’ipocrita si affida alle parole e ai gesti, all’esteriorità, alla scenografia teatrale, e pone una maschera per nascondere il luogo da cui si genera sia il bene che il male, il cuore.
Non mi stancherò mai di ripetere che questa parola non va intesa secondo quello che ne abbiamo fatto noi – la sede delle emozioni e dei sentimenti – ma come il punto da cui si dipana tutta l’azione dell’uomo: l’intelligenza, la capacità di prendere decisioni e di attuarle, la creatività che sa superare ogni formalismo. Il cuore è il vero centro propulsore della vita dell’uomo.
Gesù fa l’elenco solo dei propositi di male, che non entrano dall’esterno ma vengono dal cuore. Ci troveremo sicuramente qualcosa di nostro. Mi preme solo sottolineare che alla fine di questo elenco c’è la stoltezza, la stupidità. Questo peccato, diffuso anche ai nostri tempi, è il peggiore di tutti, proprio perché impedisce alla coscienza di distinguere il bene dal male.
È efficace il linguaggio diretto, senza ambiguità di Gesù. È già una lezione di vita. Eh, sì: Gesù ci coglie nel bel mezzo della vita, non appartati in un mondo irreale e perciò fasullo; proprio per questo ci salva e salvandoci ci aiuta a riannodare relazioni vere, a raggiungere uno sguardo ” buono” su noi stessi, sulle cose, sugli accadimenti. Ci aiuta ad essere diversi a partire dal cuore che è il centro nevralgico di tutto il nostro essere. Ma noi, con gli occhi fissi su Gesù, forse neppure ci accorgiamo di questo profondo mutare, tanto è naturale aderire a Lui, come in un abbraccio totalmente fiducioso, come di bambini fra le braccia della mamma che imparano spiando il caro volto. Beati coloro che raggiungono l’ intelligenza del cuore, l’autentica sapienza che ci permette di essere in paradiso, ma coi piedi ben piantati sulla terra.
Scrive Don Agostino: “Gesù rifiuta la distinzione tra puro e impuro. Non c’è una sfera sacra e religiosa che è staccata dal mondo, quasi che la vita quotidiana sia un luogo da cui Dio è assente. Anzi, Dio è impastato con la vita e non si trova altrove in un luogo appartato e separato da tutto il resto” Dobbiamo quindi avere l’umiltà e il coraggio di accettare i nostri limiti, i dubbi, le incertezze, gli errori senza nascondere con la “maschera” di un perbenismo interessato e di una vuota dignità il luogo da cui si genera sia il bene che il male che è il cuore.
E’ bene ricordare che siamo portati a ritenere i farisei persone cattive e lontane da noi; sono persone normali e lo siamo noi stessi nella vita quotidiana quando all’esterno rappresentiamo con le parole e i gesti le esigenze della religione, ma il nostro cuore è lontano da Dio…