DOMENICA DI PASQUA

Non posso certo dimostrare che Gesù è risorto. Ma posso tentare una risposta ragionevole ad un’altra domanda: perché io mi fido di Pietro e degli altri apostoli, che dicono di aver trovato il sepolcro vuoto e anche di aver incontrato il Risorto? Per quel gruppo di smarriti apostoli la risurrezione era la spiegazione più difficile da annunciare agli altri, ma anche la più scomoda da vivere essi stessi in prima persona. Erano delusi e al massimo avrebbero potuto atteggiarsi a discepoli di un morto che aveva lasciato loro in eredità un messaggio di amore.
Se la risurrezione di Gesù se la sono inventata, si sono proprio tirati addosso un grande peso. Soprattutto, hanno segnato il loro destino, hanno accettato di finire anzitempo la loro vita, in quel modo violento che, chiusi nel Cenacolo, essi volevano proprio evitare. La delusione era sicuramente una via più comoda. Andare a imbalsamare un cadavere al cimitero era una modalità più facile. Ricordare le sue parole e piangere un poco perché lui non c’era più, era di gran lunga la scelta più umana. Ma non hanno potuto permettersela, perché è stato Gesù ad andare a cercarli nuovamente, nonostante le loro porte fossero chiuse, e a dire loro: «Mi fido di voi… Vi voglio come discepoli non solo del mio amore, ma della mia risurrezione, della mia vita!». Ecco, tutto cambia, se mi metto a pensare che la risurrezione non è l’impensabile scelta degli apostoli, ma la scelta di Dio.
Voi forse mi direte: ma noi ci crediamo già alla risurrezione, non abbiamo dubbi, perché ci hai fatto questo discorso? Semplice. Perché non si vede affatto che ci crediamo! Scriveva don Primo Mazzolari: «I morti hanno bisogno di pietà, il vivente di audacia». Io, di audacia dei cristiani, ne vedo poca, e il Risorto ne ha bisogno per continuare ad essere nel mondo il Vivente. La Pasqua allora ci ricordi che non siamo custodi pietosi di un sepolcro, ma testimoni audaci di un Vivente. Non con il passo mesto di chi va a trovare un morto, ma con la corsa di chi va ad annunciare un vivo. È l’augurio, colmo di gioia e di speranza, che ci facciamo a vicenda in questo giorno santo.
Gesù, pur essendo Dio, non poteva scendere dalla croce per non annullare il suo dono, però poteva ben uscire da un sepolcro. Ci fidiamo delle testimonianze degli apostoli, ci fidiamo della segreta forza che emanano le reliquie raccolte nella pietra dell’altare. Ad ogni inizio di Messa il bacio del celebrante ci conferma nella nostra fede: molti hanno buttato la propria vita sulla scommessa Gesù; tutti creduloni? O forse persone che in un modo o nell’altro incontrarono il risorto, ne ebbero la vita mutata e rinvigorita.
“Vi voglio come discepoli non solo del mio amore, ma della mia risurrezione, della mia vita!». Sta qui l’essenza del Cristianesimo, che fa scrivere a Don Agostino la dedica del suo recente racconto di Pasqua (FUGGI’ VIA NUDO): “A quanti in questi mesi di pandemia hanno abitato sepolcri di solitudine e confusione perchè si possa sprigionare per la loro vita il profumo della risurrezione”
Il Risorto ha bisogno di AUDACIA per continuare ad essere nel mondo il VIVENTE. La Pasqua non si esaurisce nel giorno di domenica, prosegue nel lunedì dell’Angelo, per l’ottava pasquale e continua per tutta la vita. “Non siamo custodi pietosi di un sepolcro, ma testimoni audaci di un Vivente”. Gesù ci nutre ogni volta che ci accostiamo all’Eucaristia che, come dice don Agostino, è “ripetitiva” lungo la storia…