Corriere di Como, 12 gennaio 2021

Foto di Gerd Altmann da Pixabay
E alla fine Twitter ha spento Trump. Decisione presa dopo i fatti di Washington con l’orribile invasione di Capitol Hill da parte dei sostenitori del presidente. Il popolare social dei cinguettii ha sospeso definitivamente l’account più seguito al mondo, quello di Donald Trump che vantava ben 88 milioni di follower. Che dire di questa decisione? Nel cercare di rispondere, distinguerei tra merito e metodo.
Nel merito, è una scelta sacrosanta, anche se tardiva. Perché Twitter ha aspettato che mancassero dodici giorni al termine del mandato presidenziale di Trump per cancellare il suo account? A questa domanda si può rispondere in più modi, anche se l’attacco al Congresso è l’evento che meglio spiega la decisione anche da un punto di vista emotivo. La scelta è legittima perché Twitter è una società privata e ha la facoltà di decidere chi può far parte della sua piattaforma e chi no. Certo, vi sono i diritti sacrosanti degli 88 milioni di clienti che si erano iscritti all’account di Trump, e che potrebbero altrettanto legittimamente abbandonare Twitter con un danno economico per la società che lo gestisce. La quale però deve aver già fatto i conti su che cosa le conviene di più. Sembra che i democratici abbiano intenzione di regolamentare il web, e allora è meglio entrare nelle grazie dei nuovi padroni del vapore, che ora controllano sia il Senato che la Camera.
Ma, se nel merito la decisione di annullare l’account di Trump è comprensibile e legittima, nel metodo essa è problematica e rischiosa. C’è da domandarsi se Twitter sia solo una società privata che può scegliersi i suoi clienti oppure non sia soprattutto un centro di potere comunicativo capace di “creare” le notizie e in un certo senso di plasmare la verità. Il semplice utente è messo sullo stesso piano di un professionista dell’informazione nel fruire in tempo reale del pensiero del presidente degli Stati Uniti. Il quale, a sua volta, sa di poter veicolare le sue parole direttamente a milioni di persone, bypassando insidiose mediazioni culturali o ideologiche.
Twitter non filtra, semplicemente canalizza. Offre un servizio sul web fornendo la piattaforma per una rete di relazioni. O meglio, così dovrebbe essere nella visione idealista e un po’ ottimista dei social. Ma è davvero così, oppure lo sviluppo abnorme e gli abusi hanno rovinato questa sorta di paradiso terrestre? Ed ecco perché l’annullamento d’ufficio dell’account di Trump è metodologicamente rischioso. In una società commerciale senza dubbio è l’amministratore a decidere se deve continuare ad avvalersi di un cliente, ma in un centro di servizi comunicativi questo ruolo spetta unicamente ai singoli soggetti che frequentano la piazza digitale.
Dopo i fatti di Capitol Hill, sarebbe stato bello veder esaurito il potere dell’account di Trump attraverso un suo auto-svuotamento, con l’abbandono da parte dei suoi 88 milioni di follower, ad uno ad uno. Ma mi rendo conto che questo è purtroppo un sogno, a tutt’oggi irrealizzabile. Anzi, nel mondo reale dei social avrebbe potuto accadere addirittura il contrario, che cioè s’aggiungessero nuovi follower, anche solo per curiosità. Una cosa è certa: con la scelta di Twitter di silenziare il suo account più frequentato, è finito anche il sogno della Rete di poter essere il mondo senza regole.
Penso che un “social” possa davvero essere utile alla maturazione di una democrazia, reale e non solo declamata, se si lasciasse esaurire il potere dell’account di una personalità apicale, che abbia commesso un grave errore, attraverso l’”auto-svuotamento”, con abbandono da parte dei follower.