SECONDA DOMENICA DOPO NATALE

Foto di Kerstin Riemer da Pixabay
In questa domenica tra Capodanno e l’Epifania ci viene riproposta la pagina che apre il vangelo di Giovanni. Che cosa possiamo dirne nello spazio di un’omelia? Intanto, che cosa non è. Non è un’astrazione filosofica piena di concetti. È, invece, il frutto di una riflessione che Giovanni ha fatto su quanto gli è accaduto. Sono passati parecchi anni dal suo incontro con Gesù e quell’avvenimento è ancora vivo, fresco come in quel pomeriggio in cui per la prima volta andò nella casa ove dimorava Gesù e stette con lui.
Di lui ha poi parlato a tante persone che non lo avevano conosciuto di persona, e la vita e la luce che Gesù aveva portato con la sua umanità continuavano misteriosamente ad illuminare e a vivere dentro gli uomini che accoglievano la parola che lo annunciava. Davvero «in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini». Davvero l’annuncio del Vangelo e la comunione tra le persone che questo annuncio creava, faceva entrare in relazione con il Verbo che era in principio presso Dio, che era Dio. Giovanni lo avverte chiaramente: il Verbo continuava a farsi carne e ad abitare in mezzo a noi. E, se è vero che «Dio nessuno lo ha mai visto», Giovanni è sicuro che Gesù, «il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato».
E per questo Giovanni lo vuole scrivere all’inizio del suo Vangelo, e sa bene di fare un’affermazione scandalosa, quando dice che colui che era in principio – cioè colui che c’è sempre stato, che è il fondamento di tutto – è venuto ad abitare in mezzo a noi: la sua incarnazione ha aperto uno squarcio su Dio che continua a scombussolare il panorama religioso dell’umanità.
Giovanni vuole dirci tre cose. (1) Smetti di domandarti che cosa puoi fare per incontrare Dio e guarda invece che cosa Egli ha fatto per incontrare te. (2) Evita di considerare l’incarnazione come una storia capitata duemila anni fa e cogli invece la sua attualità nel tuo presente. (3) Non cercare di raggiungere Gesù nel passato, ma trovalo oggi qui in mezzo a noi, perché Egli è ormai per sempre a livello dei tuoi occhi che incontrano l’altro.
Il prologo del Vangelo di Giovanni ci insegna che le parole nutrono i nostri pensieri, le nostre relazioni, i nostri giorni, la nostra carne… Come cristiani dovremmo quindi usare solo “parole di verità, di bellezza, di amore, di benedizione”. Auguriamoci un 2021 di vere, buone e belle parole, perchè Gesù abita in mezzo a noi. Scrive don Agostino. “Egli è ormai per sempre a livello dei tuoi occhi che incontrano l’altro”..
Il Vangelo di Giovanni è davvero il frutto di una lunga riflessione e di una accorata nostalgia.
Leggerlo significa misurare – ancora una volta – l’abisso che separa la realtà degli uomini (che rifiutano la luce) da ciò che gli uomini potrebbero essere. La grandezza del verbo sta in quel suo esporsi al rifiuto e, più spesso, all’indifferenza. La manifestazione del Verbo non può che essere luce, eppure molti preferiscono la tenebra. Rifiutano la luce, rifiutano la gioia. Preferiscono la luce artificiale alla luce vera del sole. Preferiscono le luminarie plasticose alla luce umile, che guida a Betlemme. Giovanni evidenzia bene il progredire di questa luce che dall’umiltà nascosta di Betlemme si propaga come immenso sole dalla persona e dalla vita di Gesù, fino a culminare – misteriosamente- nella croce. Ci vuole una vita intera per comprendere la ricchezza di luce, di amore, di grazia che sgorga (ma è un silenzioso diluvio) dalla croce. Giovanni era lì sotto. Gli ultimi momenti dell’esistenza terrena di Gesù sono precipitati su di lui, divenendo parole per noi :quasi un canto