SANTA FAMIGLIA DI GESÙ MARIA E GIUSEPPE – Anno B
Il racconto della presentazione di Gesù al tempio è un vero e proprio spartiacque della storia. Tutto avviene nel tempio, luogo decisivo per la religiosità ebraica ufficiale. Tutto avviene per compiere la legge di Mosè. E lì, nel crocevia di un gesto ufficiale e legale, c’è l’incontro di un vecchio con il Bambino. È l’intera storia umana che abbraccia il suo Dio fatto uomo. Immaginiamo questo anziano, con le braccia rinsecchite e tremolanti, tenere tra le braccia il virgulto, insieme atteso e inaspettato. Atteso perché presente nell’attesa secolare del Messia condivisa da tante generazioni. Inaspettato proprio perché piccolo e sperduto dentro una pratica rituale ormai insignificante: se ci pensiamo bene, il tempio e la Legge, che all’inizio del racconto sembrano essere il motivo del gesto stesso di Maria e Giuseppe, sono solo un’occasione per una rivelazione più grande.
È il tempio ad essere il segno esteriore di ciò che quel Bambino è, la presenza di Dio in mezzo agli uomini. E Simeone rappresenta una storia antica che giunge al suo punto centrale. La storia non è un processo inarrestabile da un punto di inizio non bene identificato verso un punto finale altrettanto oscuro. La storia ha un centro atteso da cui tutto si dipana, e quel centro inaugura un modo di misurare la storia e la vita in «avanti Cristo» e «dopo Cristo». Un centro, però, che non è un’idea o un concetto – ce lo diciamo un’altra volta – ma una carne, un corpo che si accoglie tra le braccia e non nel cervello.
La vecchiaia della storia ha bisogno di un bambino, in cui risiede una salvezza che è visibile agli occhi, una luce che è rivelata a tutte le genti. E Simeone, mosso dallo Spirito Santo, coglie anche il ruolo di Cristo come «segno di contraddizione» che rompe la storia, colma sì un’attesa ma la fa traboccare in qualcosa di veramente nuovo. Ecco, tutto ciò non riguarda solo la grande storia, ma anche la nostra vita. Oggi, davanti al vecchio Simeone che accoglie tra le braccia Gesù, ciascuno di noi deve domandarsi se nella sua vita è ancora «avanti Cristo» oppure ha fatto il salto nel «dopo Cristo».
È veramente magnifico riflettere su Dio che, fattosi uomo, accetta tutte le ” regole” del suo essere bambino, in quel tempo, in quel luogo; uno degli aspetti del Suo abbassamento. Gesù fra le braccia di Simeone rappresenta davvero il punto di vista su, lo snodo delle vicende umane. Riflessioni queste che ci inducono a percepire la nascita di Gesù come la possibile nascita degli uomini nuovi. Poi, il canto di Simeone è la preghiera ( si spera!) di ogni anziano che giunto al termine della vita si pone davanti al Signore. Poter andare in pace (in armonia con se stesso e con le cose) sapendo di incontrare (in carne ed ossa?) quel Dio conosciuto, in vita, con gli occhi del cuore. È consolante e incoraggiante poter ripetere queste benedette parola, ogni sera a compieta, quando ci apprestiamo a sperimentare nel sonno una “prova” di morte
Simeone dice che il Bambino è un segno di Dio e molti lo rifiuteranno e a Maria dice che il dolore la colpirà come colpisce una spada. “Oggi, davanti al vecchio Simeone che accoglie tra le braccia Gesù, ciascuno di noi deve domandarsi se nella sua vita è ancora avanti Cristo oppure ha fatto il salto nel dopo Cristo». Dalla storia alla vita nella carne per me il passaggio non è solo un a.C o d.C., ma richiede per amore l’accettazione della croce.