Corriere di Como, 22 settembre 2020
L’autunno tanto atteso e temuto è arrivato, almeno dal punto di vista del calendario astronomico. Era atteso per vedere se il Covid si sarebbe nuovamente presentato. Era temuto per la cosiddetta “seconda ondata”. Bisogna riconoscere ancora una volta che è più quello che non sappiamo di ciò che conosciamo. Sappiamo che il Covid non si è nuovamente presentato, ma solo perché non se ne è mai andato. Siamo ancora in coda alla prima tragica ondata. Ed è dimostrato che, ogni volta che noi allentiamo le precauzioni del distanziamento sociale, lo sgradito ospite si fa vedere con nuove impennate della curva dei contagi.
Il rilassamento che si è verificato per favorire le vacanze estive – in particolare le intemperanze del popolo delle discoteche – è la causa dell’innalzamento attuale della curva sin verso i duemila tamponi positivi giornalieri. Era prevedibile? Forse sì, e per tanti versi inevitabile, visto che lo spostamento verso le località turistiche, più lungo il mare che sulle montagne, da troppe persone è stato avvertito come un “liberi tutti” dimostratosi molto rischioso. Così come prevedibile e inevitabile fra due o tre settimane sarà l’effetto in salita della curva a causa della riapertura delle scuole che va ad aggiungersi alla ripresa ormai generalizzata delle attività lavorative. Anche la recente tornata elettorale per il referendum e le regionali, che in due giorni ha portato ai seggi 24 milioni di italiani, potrebbe costituire un fattore di incremento del contagio. Aspettiamoci, dunque, numeri più alti, pur speranzosi che possano non toccare i livelli preoccupanti raggiunti da altri Paesi europei quali Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Lo stabilizzarsi della curva estiva, quindi, andrà a sommarsi ai nuovi prevedibili contagi dovuti alla possibilità che diamo al virus di circolare nelle aule scolastiche. Si dirà non senza ragione che non era pensabile tenere ulteriormente chiuse le scuole. E sia. Si vuole evidentemente iniziare l’autunno in una condizione di vigile normalità, quasi a lasciare uno spazio libero ma controllato per la circolazione del virus pur senza togliere a noi una sorta di libertà vigilata e responsabile per vivere la nostra vita il più normalmente possibile. È quella fase lunga e perigliosa che viene talvolta contrassegnata con l’espressione “dobbiamo convivere con il coronavirus” e che – così dice qualche esperto – occuperà il nostro tempo forse fino a Natale del 2021.
Entro questo percorso, che potrà comunque avere le sue sorprese, ciò che non riesco proprio a capire è la decisione presa un po’ a sorpresa dal Governo, in coincidenza con l’inizio del campionato di calcio, di permettere l’ingresso degli spettatori negli stadi, per ora mille, ma presto regolamentati secondo percentuali di capienza. La stessa procedura riguarderà a breve e progressivamente anche altre discipline sportive al chiuso. Ma davvero questa scelta era così urgente? Questa riapertura al pubblico degli impianti sportivi andava evitata, almeno in questo momento critico, perché aggiunge una ulteriore variabile alla curva dei contagi, già sensibile alle intemperanze estive e alla incertezza dovuta alla riapertura delle scuole. Sommare i rischi non è mai una buona scelta di salute pubblica.
L’autunno 2020 non potrà che essere vissuto in una vigile normalità; lo spazio di circolazione del virus deve essere con saggezza sempre controllato. “Dobbiamo convivere con il coronavirus” ancora per molti mesi evitando gli eventi di massa e valorizzando gli incontri distanziati di poche persone (Piccolo è bello). Concordo quindi sulla non opportunità di una così prematura apertura al pubblico degli stadi di calcio. Essendo anche un appassionato di ciclismo ho visto al Tour de France il vincitore Pogacar in montagna farsi largo tra i fans, che lo hanno addirittura trattenuto e penalizzato. Sarebbe bastata la semplice precauzione con le transenne! Lo spazio di circolazione del virus deve essere sempre controllato e non possono essere fatte eccezioni per tifo sportivo o peggio per profitto…