DICIANNOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A
Che cosa intendiamo quando diciamo di credere in un Dio onnipotente? Quale immagine di Dio si forma in noi? Forse quella di Gesù che cammina sulle acque, segno di un potere e di un dominio che mette sotto i piedi le forze oscure del male. E Dio effettivamente è ben più forte di un vento impetuoso che spira in senso contrario. Ma attenti a non trasformare questo Dio in un amuleto da tirar fuori dalla tasca quando siamo in difficoltà. L’onnipotenza non sta nei piedi che camminano sul mare, ma nel volto che trasmette sicurezza, nella mano che afferra, nella parola che infonde coraggio e affonda le paure.
Se ne accorse Pietro, che aveva chiesto di condividere la potenza di Gesù – e fu accontentato – ma dovette sperimentarne la tenerezza, attraversando la paura e il dubbio. Insomma, la vera onnipotenza di Dio la si scorge sul volto di Gesù che incrociamo con le nostre vite colme di insicurezza. Che l’onnipotenza si nasconda nella tenerezza è cosa che il nostro mondo non solo non vuole accettare, ma irride con supponenza e prepotenza. Che la vita sia segnata dall’insicurezza è una evidenza, che il nostro mondo cerca di esorcizzare, ostentando le sue false sicurezze, salvo vedersele crollare improvvisamente. L’onnipotenza del mondo è in realtà una lunga rassegna di paure, di emergenze, di baratri oscuri e imprevedibili che s’aprono sotto i piedi: basta ascoltare un telegiornale per accorgersi che è così, tanto che anche il linguaggio della informazione è sempre più apocalittico.
Gesù, invece, è davvero potente, perché il mare sa tenerlo sotto i suoi piedi, ma la sua potenza ostenta conforto, misericordia e ci viene incontro con grande considerazione delle nostre debolezze. Una anticipazione di questa onnipotenza vera era stata data sul monte Oreb al profeta Elia. Dio non passa nel vento impetuoso, nel terremoto, nel fuoco, ma nel sussurro di una brezza leggera. Quando sulla terra arriverà Gesù, questa rivelazione debole dell’onnipotenza di Dio troverà in lui l’evento che la rende presente per sempre. Facciamo ancora fatica ad accoglierla…
Il mondo non accetta che l’onnipotenza di Dio si nasconda nella tenerezza perchè prevalgono supponenza e prepotenza soprattutto in coloro che stanno al potere. L’attuale pandemia ci dice invece che la vita è segnata dall’insicurezza e la sicurezza della stessa scienza sta venendo meno. Gesù, d’amore acceso, afferra le nostre mani e affonda le nostre paure con la grazia della tenerezza.
Gesù è la nuova rivelazione la nuova parola del Padre dopo la creazione, in una misteriosa armonia trinitaria.
La dolcezza della Sua onnipotenza ben si addice ad un padre: e così ecco le meraviglie della
natura fedele, il conforto degli affetti e dell’amicizia, il paziente e tenero accompagnamento nella vecchiaia e verso il pauroso passo della morte.
La vita insegna che solo la tenerezza porta frutti: lo si è imparato, a scapito proprio, dopo le numerose e infruttuose accuse o difese vanamente sostenute a muso duro per ideali … fasulli.
Una preghiera per gli uomini politici di buona volontà e miti.
In una barca in balia delle onde, in un letto d’ospedale: quando si avverte tutta la precarietà della vita si scopre come unica possibilità di salvezza la via del totale affidamento; senza farsi domande, senza fare richieste a un Dio croce rossa a cui non tocca risolvere i nostri problemi. Una vita totalmente affidata è una vita bella, leggera senza ansie, nutrita di profondi silenzi e di autentica speranza ( cioè che non attende il miracolo, la soluzione per un adesso doloroso, ma cerca una salvezza “totale”: per tutti, per sempre)