Umiltà e gratuità

VENTIDUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C

La pagina evangelica appena ascoltata ci affida due messaggi. Il primo ci rivela chi è Dio e come Egli si mette in rapporto con noi. È importante cogliere questo messaggio, perché è Dio stesso in Gesù Cristo che ci svela qualcosa di sé, qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto nascosto. Notando la ressa che fanno gli invitati per accaparrarsi i primi posti nella sala da pranzo, Gesù invita a fare esattamente il contrario, partendo dall’ultimo posto. È esattamente quello che ha fatto Dio: farsi uomo, farsi servo. Poi Gesù nota che gli invitati a pranzo appartengono tutti alla cerchia degli amici e dei parenti, per cui a restare esclusi sono i più bisognosi. Gesù invece non fa alcuna distinzione di persone, è disponibile ad incontrare tutti e, semmai, privilegia proprio i più poveri e i meno abbienti. L’amore di Dio è proprio questa capacità di accogliere tutti in modo totalmente gratuito.

Naturalmente questo primo messaggio ne racchiude subito un altro. Se Dio è così come Gesù ce lo mostra, anche noi dobbiamo cercare di imitarlo. Anche per noi umiltà e gratuità sono la strada maestra, la via obbligata per il paradiso.

Ora, umiltà e gratuità non sono certo il messaggio che va per la maggiore nel nostro mondo. Anzi il modo di ragionare comune è esattamente l’opposto. Sembra di sentire, infatti, i consigli che spesso anche i genitori danno ai loro figli: «Cerca di emergere, non metterti in ombra, fatti valere». Oppure: «Non far niente per niente, considera bene con chi hai a che fare, vedi di non perderci, anzi fa’ in modo di portare a casa qualcosa». Tutto il contrario del Vangelo!

Umiltà deriva dalla parola latina humus che significa terra, e richiama quindi la concretezza, il realismo, la stabilità. L’umile non è affatto uno che misconosce le proprie qualità, ma uno che le usa con responsabilità e riconoscenza verso Dio che gliele ha donate. L’umile non è uno che si svaluta e continua a ripetere a se stesso: «Non valgo nulla, mi faccio schifo!». Se uno vive con quest’ansia di non valere nulla e non accetta con simpatia i propri difetti, difficilmente riuscirà a sfuggire al malumore. L’umiltà vera, invece, sa riconoscere il positivo che Dio ha messo in ogni creatura, la capacità di bene che c’è in ciascuno. A patto che ciascuno sappia metterla a disposizione e a servizio degli altri. Senza quell’atteggiamento di esteriorità esasperata che caratterizza il modo di porsi di tante persone, convinte di essere ciò che appaiono o ciò che guadagnano o ciò che sanno fare in modo supponente. L’umiltà è davvero lo sguardo che Dio ha sull’uomo e che ogni uomo, per essere felice, deve avere su se stesso. Ce lo ha ricordato anche il libro del Siracide: «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile». Se regna l’umiltà, il valore di una persona si misura dalla sua capacità di sottrarsi alle luci della ribalta e la grandezza non si confonde più con l’immagine.

La gratuità è lo stile della persona umile. Siccome sa di valere per quello che veramente è e che Dio gli ha donato di essere, né di più né di meno, è disposto a riconoscere il valore dell’altro e a stimarlo per quello che veramente è, né poco né troppo. Chi ama se stesso fa meno fatica ad amare il prossimo (tanto è vero che Gesù comanda: «ama il prossimo tuo come te stesso»), chi è umile sa essere gratuito, non vive perennemente con la calcolatrice, non tira le righe troppo spesso facendo bilanci affrettati. Il gratuito sa sperare e sa aspettare, è capace di pazienza con sé e con gli altri. Il segreto della gratuità è l’amore. L’amore ricevuto che è la sorgente inesauribile dell’amore donato. Ama un uomo e quell’uomo sarà in grado di amare. Tu stesso, se ti senti amato ed accolto senza condizioni, avverti di essere capace di amare senza condizioni. È così che Dio fa con te: non ti ama perché sei particolarmente amabile, ma, amandoti, ti rende amabile e capace di amare. Questa è una verità scritta nel nostro intimo, di cui ci dimentichiamo spesso. «Perché io valgo», dice una famosa pubblicità di prodotti di bellezza. Proprio così, io valgo… e valgo perché scopro di essere amato. E lo scoprirlo mi rende davvero bello!

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