Se uno mi ama…

SESTA DOMENICA DI PASQUA – Anno C

Le parole di Gesù ci riportano ancora una volta all’ultima cena. Sono sempre importanti le parole che uno pronuncia prima di affrontare la morte. Hanno il sapore del testamento scritto con il cuore, nella consapevolezza di indicare le cose essenziali. Gesù lascia intendere che cesserà di essere con noi, ma domanda di non essere turbati per questa sua assenza, che è necessaria ai fini di una presenza più universale: «Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». È proprio ciò che sta accadendo anche in questo momento: la Parola che abbiamo appena ascoltato è lo Spirito Santo che ci ricorda le parole di Gesù, che ce lo rende vivo qui in mezzo a noi. Ed è importante che noi continuiamo ad ascoltare questa Parola, che la facciamo oggetto di riflessione e che la osserviamo. La Parola è il test dell’amore di Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola». Frase che dobbiamo mettere accanto ad un’altra che Gesù ha appena pronunciato e che sembra ribaltare i termini della questione: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama».

Quindi: amiamo Gesù solo se osserviamo la sua parola, ma d’altro canto possiamo osservare la sua parola solo se lo amiamo. Se ci pensiamo bene, questa sorta di verifica incrociata non è poi così strana, anzi è il dinamismo essenziale di ogni vero amore. Marito e moglie si amano se l’uno vive nella dedizione e nel servizio all’altro, ma questa obbedienza reciproca è possibile solo grazie all’amore. Il segno che i bambini amano il papà e la mamma è l’obbedienza e la disponibilità a compiere il loro dovere di figli, ma sono veramente obbedienti solo se amano e, quindi, si fidano dei loro genitori. È abbastanza normale che non si osservi la parola di uno che non si ama e di cui non ci si fida. Gesù lo aveva bene espresso con l’immagine delle pecore che seguono solo la voce del pastore, ma la voce di un estraneo non la riconoscono e quindi non lo seguono affatto. Quindi, è solo da un amore vero verso Gesù che può venire una vita cristiana autentica.

Il vero nodo è questo: se Gesù diventa un estraneo nella mia vita – e Gesù è diventato un estraneo per tanti cristiani – se egli è una delle tante voci che sento e neanche la più importante ed ascoltata, se nei suoi confronti non scatta la dedizione totale che è propria dell’amore, difficilmente mi impegnerò ad osservare quanto egli dice. E anche lo Spirito Santo, che viene a ricordarmi le sue parole, incontra grossi ostacoli se le ripete ad uno che non ama Gesù. Se domenica scorsa il Vangelo ci ha indicato la coordinata pasquale dell’amore fraterno a modello dell’amore che Gesù ha dimostrato per noi, oggi ci indica l’altra coordinata fondamentale, l’amore verso Gesù: «Se uno mi ama – dice Gesù – osserverà la mia parola». E resta sottinteso, poi, che solo osservando la sua parola, mostrerà di amarlo davvero, non solo con la bocca ma anche con la vita, non solo in una professione verbale ma anche con una dedizione esistenziale.

L’amore è sempre concreto, l’amore è sempre incarnato. Lo spiritualismo, in cui spesso viene incasellato il cristianesimo, è una fuga dalla storia, e la nostra fede, invece, vive a stretto contatto con la vita quotidiana. Lo Spirito Santo, che è lo Spirito di Gesù, nonostante noi ci ostiniamo a pensarlo come un fantasma, è la massima incarnazione di Dio.

Le due letture che abbiamo ascoltato prima del vangelo ci aiutano a cogliere questa immersione nella storia. Il messaggio cristiano, che raggiunge anche i non ebrei, ha bisogno subito di trovare alcune regole precise, e a Gerusalemme Paolo e Barnaba danno vita insieme agli apostoli al primo concilio della Chiesa sulla questione della necessità della circoncisione. La Chiesa non vive sulle nuvole, ma a contatto con i problemi concreti della comunità, ed è a partire dal comune amore verso Gesù che nascono le decisioni storiche più adeguate. La pagina dell’Apocalisse ci ha portato alla fine dei tempi, in quella città che «non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna», perché «la sua lampada è l’Agnello». Ma Gesù è lampada già quaggiù. Se lo amiamo, Lui è la nostra luce.

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